Imminente la "sentenza" del CNPI sul decreto per l’avvio della riforma

C’è attesa per la posizione che il Consiglio nazionale dell’istruzione assumerà martedì 15 luglio sulle ipotesi di decreto del ministro Moratti per avviare in qualche modo la riforma da settembre. Il decreto viene visto da qualcuno come un surrogato amministrativo di ciò che gli equilibri politici non sono stati capaci di definire e un documento di incerto valore giuridico in assenza di una pluralità di atti presupposti.
La bozza di decreto ministeriale, nella versione integrata dell’8 luglio, su cui il CNPI è chiamato ad esprimere un parere (non vincolante per il ministro) è costituito di due soli articoli per i quali potrebbero esserci “sentenze” opposte.
L’articolo 2 prevede la generalizzazione (cioè l’obbligo) di introdurre l’insegnamento dell’inglese e l’alfabetizzazione informatica nelle prime due classi della scuola primaria.
La stessa ipotesi era già contenuta nello schema di decreto legislativo “stoppato” dal Consiglio dei ministri il 9 maggio scorso, e potrebbe trovare l’ok dei sindacati che sentono odore di organici e di nuovi posti di lavoro. Proprio per questo, insieme al parere positivo, potrebbe esserci qualche richiesta di assicurazione per l’assunzione di nuovi insegnanti.
Musica diversa invece per l’articolo 1 della bozza del decreto. Nonostante il ministero abbia formalmente chiarito che si tratta di consentire alle scuole di adottare piani di studio e altri aspetti delle “Indicazioni nazionali” (finora – ricordiamolo – non formalizzate in atti ufficiali), in assoluta autonomia, senza quei vincoli organizzativi che invece erano previsti dallo schema di decreto legislativo, i sindacati hanno già mostrato il “pollice verso”, sostenendo che non si fidano e temono che, avuto l’ok, l’Amministrazione ne imponga l’applicazione a tutte le scuole.
La posizione sindacale, a dire il vero, oltre che di evidente sfiducia, sembra voler mettere alle strette il ministero per definire la proposta come progetto nazionale di cui all’articolo 11 del regolamento dell’autonomia. In tal modo l’ufficialità del progetto, definito in ogni aspetto anziché lasciato alla scelta “fai da te” di singole parti, si presterebbe ad una valutazione univoca da parte di tutte le istituzioni scolastiche. Sarebbe la base facile per trasformare l’occasione delle delibere dei collegi dei docenti di scuola elementare in una specie di referendum sulla riforma. Proprio quello che si vorrebbe evitare a viale Trastevere. Ci riusciranno?