Il tempo pieno si autoalimenta. Fortunati quelli che ce l’hanno già

Per il tempo pieno nella scuola primaria la stesura finale del regolamento sul I ciclo (approvato il 27 febbraio, già promulgato dal Capo dello Stato il 20 marzo e prossimo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), superando la formulazione ambigua delle bozze iniziali che facevano intendere che vi sarebbe stata riduzione di organico anche per quel modello orario, ha fatto intendere invece che i risparmi di organico rimarranno all’interno di ciascuna istituzione scolastica.

La bozza di circolare sugli organici conferma questa previsione, precisando che le quattro ore di compresenza di ciascuna classe restano “comunque disponibili nell’organico di istituto” e “potranno essere utilizzate prioritariamente per l’ampliamento del tempo pieno”.

Questo significa che il tempo pieno può alimentare se stesso. Se, ad esempio, una scuola a tempo pieno ha un doppio corso con dieci classi, può risparmiare e reinvestire 40 ore (4 x 10 = 40 ore), senza contare le ore di compresenza derivanti dagli specialisti di inglese (24 ore) e di religione cattolica (20 ore).

Con i risparmi di compresenza del tempo pieno si può costituire un’altra classe a tempo pieno (nel medesimo plesso o in altra scuola amministrata da quell’istituzione scolastica); in qualche modo si può fare la stessa cosa per le altre ore di compresenza.

Ovviamente gli orari tradizionali verrebbero rivoluzionati, ma le famiglie troverebbero risposta alla loro richiesta di tempo pieno.

In Italia sono circa 34 mila le classi a tempo pieno oggi; potrebbero teoricamente sviluppare altre 3.400 classi ricavate dai risparmi delle compresenze, senza avere alcuna riduzione di organico.

Si avrebbe però l’inconveniente di far aumentare il tempo pieno là dove c’è già. In attesa dell’annunciato piano pluriennale di sviluppo del tempo pieno da concordare tra Ministro dell’istruzione ed Enti locali, meglio che niente.