Il “ritorno” dell’investimento in istruzione

Un interessante studio di due ricercatori, Robert J. Barro e Jong Wha Lee, pubblicato nella cospicua serie di Working Papers che il NBER (National Bureau of Economic Research) dedica all’economia dell’istruzione – una cui sintesi è riportata dal sito lavoce.info – sostiene che il tasso di ritorno di un anno in più di scuola varia tra il 6 e il 13 per cento sia in termini individuali che di Paese.

Il tasso di ritorno dell’istruzione varia per grandi raggruppamenti: nei paesi avanzati, Asia orientale e Asia meridionale è più alto (13,3 per cento), nell’Africa sub-sahariana raggiunge il 6,6 per cento e il 6,5 per cento in America Latina.

Lo studio giunge a questa conclusione dopo aver preso in considerazione i dati di 146 Paesi tra il 1950 e il 2010. Nel 2010 la popolazione mondiale sopra i 15 anni ha raggiunto un’istruzione media di 7,8 anni, crescendo dai 3,2 anni del 1950 ai 5,3 del 1980. Ma dal 1950 al 2010 gli anni di frequenza scolastica sono saliti da 6,2 a 11 nei paesi ad alto reddito, e da 2,1 a 7,1 in quelli a basso reddito, lasciando praticamente invariato il divario di circa quattro anni tra paesi ricchi e poveri in termini di anni di istruzione.

Il tasso di ritorno dell’istruzione varia in rapporto ai livelli di istruzione: è più alto per l’istruzione secondaria (10 per cento) e terziaria (17,9 per cento), mentre per il livello di istruzione primaria è vicino a zero. Questo significa che in media il differenziale salariale tra diplomati di scuola secondaria e primaria è di circa il 77 per cento e che il divario tra un laureato e chi ha il solo titolo di scuola primaria è di circa il 240 per cento.

I dati offerti dai due ricercatori, che con questo nuovo saggio ampliano e approfondiscono un  tipo di analisi da essi avviato circa vent’anni fa, sono di grande interesse e si sono già rivelati utili per una serie di valutazioni e interventi, effettuati in diversi Paesi, basati sul legame tra l’istruzione e una serie di variabili economico-sociali riguardanti non solo la crescita economica ma anche le disuguaglianze di reddito, le tematiche istituzionali e la libertà politica.