Il liceo della moda è strategico. Parola di Confindustria

Una certa sorpresa ha suscitato l’eliminazione del liceo della moda dal quadro degli indirizzi previsti per il liceo tecnologico, che nella più recente versione della bozza di secondo ciclo, consegnata ai sindacati il 3 marzo, scendono da 8 a 7.
Il taglio del liceo della moda non è stato gradito dalla Confindustria, che si appresta a chiederne il ripristino al massimo livello di responsabilità. A protestare non sono infatti solo gli imprenditori del settore e il responsabile per l’Education, Gianfelice Rocca, ma lo stesso presidente Luca Cordero di Montezemolo. L’associazione degli industriali, infatti, ritiene che l’esclusione della moda dalla formazione di tipo liceale avrebbe il significato di una rinuncia del nostro Paese ad investire in innovazione, creatività, cultura proprio in un settore che ne avrebbe il massimo bisogno per poter reggere la concorrenza a livello internazionale.
Si tratterebbe per l’Italia – è questa la tesi – di un grosso errore strategico, perché il tipo di competenze, essenzialmente pratiche ed esecutive acquisibili nei percorsi di istruzione e formazione, non metterebbe comunque le aziende italiane del settore in condizione di competere sul piano manifatturiero, essendo i costi di produzione dei concorrenti assai più bassi dei nostri. Come ha osservato l’ambasciatore Ruggiero in un’ampia intervista pubblicata sul “Corriere della Sera” del 12 marzo (“La cultura non può pagare dazio“), l’Italia può competere solo sul versante dell’innovazione, che richiede non competenze tecniche esecutive ma inventività, fantasia, progettualità, insomma cultura. Ruggiero fa proprio l’esempio del settore tessile, fondamentale per il sistema moda: “la liberalizzazione del settore tessile era stata decisa 10 anni fa. E’ lecito chiedersi: cosa è stato fatto nel frattempo per migliorare la nostra competitività nel settore?“. Il taglio del liceo della moda non va certo nella direzione auspicata dell’ambasciatore Ruggiero…