Il federalismo difficile. La Sicilia è un’isola…

Ma nel caso della Sicilia c’è un problema in più. Non è un caso che tra le motivazioni addotte da questa Regione ci sia la violazione, oltre che dell’art. 117 terzo comma della Costituzione, anche dell’“art. 20 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), nonché degli artt. 1 e 6 del D.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 (Norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia di pubblica istruzione)”.

I casi sono due: o alla Regione siciliana è stata data, fin dal regio decreto del 1946, troppa autonomia (che essa ha dimostrato peraltro, forse non solo in materia scolastica, di non saper sfruttare a proprio vantaggio: per la scuola parlano i dati, evidenziati anche dal Rapporto 2011 di Tuttoscuola, sulla dispersione, l’edilizia scolastica, l’organizzazione e i servizi, tutti pesantemente negativi), oppure ne è stata data troppo poca, nel senso che alle prerogative già assegnate a questa Regione in materia di organizzazione scolastica, superiori a quelle attribuite alle altre Regioni, escluse le Province di Trento e Bolzano, si sarebbe dovuto (si dovrebbe?) aggiungere quella di gestire autonomamente anche la spesa per il personale, restando dentro un budget predefinito e non valicabile.

Come si vede, tornano al pettine i nodi irrisolti di un federalismo, scolastico e non, sostenuto almeno sulla carta da gran parte delle forze politiche di tutte le tendenze ma incompiuto, impacciato e non privo di contraddizioni e di ambiguità che alimentano il ricorso sistematico a una Corte Costituzionale che ha finito per essere sommersa da un contenzioso che non ci sarebbe se le norme che disciplinano i rapporti interistituzionali (e la filosofia retrostante) fossero definite in modo più chiaro e possibilmente anche più condiviso.