Il Consiglio di Stato e la non certezza del diritto

“A decorrere dal concorso pubblico di cui al comma 114, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto possono accedere alle procedure concorsuali per titoli ed esami .… esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all’insegnamento…” (comma 110 legge 107/2015).

La norma di legge ci sembra molto chiara, anche se rigida e severa. Non lascia spazio per l’ammissione al concorso di taluni gruppi di docenti precari che accarezzavano – non senza ragione – l’aspettativa di un riconoscimento speciale per loro. Quell’esclusivamente non ammette deroghe: dura lex sed lex dicevano nell’antica Roma, culla del diritto.

Ma il Consiglio di Stato, non considerando (a quanto pare) la legge, ha emesso due ordinanze cautelari con le quali ammette con riserva alla prova scritta alcuni candidati privi dell’abilitazione all’insegnamento, con questa motivazione: “Considerato che l’interesse delle ricorrenti può essere tutelato con l’ammissione delle appellanti al concorso, ai soli fini dell’espletamento delle prove, restando esclusa nell’eventuale prosieguo anche l’immissione con riserva nella relativa graduatoria”.

È evidente che quei docenti non abilitati hanno interesse (si badi ben, interesse non diritto) a partecipare al concorso. E il Consiglio di Stato cosa fa? Riconosce, forse per prendere tempo in attesa della valutazione di merito, che vi può essere un danno concreto e immediato nel non partecipare (ma chiunque può ritenersi danneggiato per non poter partecipare ad una selezione pubblica a causa della mancanza dei titoli di accesso richiesti) e concede il fumus boni iuris, ammettendo i ricorrenti alla prova scritta con riserva.

Non consideriamo in questa sede gli elementi conseguenti, non secondari, connessi alla pronuncia del Consiglio di Stato (aspettative dei docenti non abilitati, posizione dei controinteressati abilitati, contraccolpi sulla regolarità delle procedure concorsuali).

Ci poniamo soltanto un interrogativo: vi è ancora la certezza del diritto in Italia, se proprio il Consiglio di Stato non tiene conto di una legge dello Stato?