Il 14 dicembre della scuola

Se il voto sulla fiducia (o sfiducia) al governo Berlusconi dipendesse dalla sua politica scolastica e universitaria (e non da altri temi, oltre che da questioni di “carriera” dei leader degli schieramenti) l’esito sarebbe scontato: il Fli, i cui sostenitori non si sono mai opposti drasticamente alle riforme scolastiche targate Gelmini-Tremonti, e che ha chiesto e ottenuto modifiche significative sulla riforma dell’università (comprese quelle inserite nella legge di stabilità), voterebbe a favore, e non ci sarebbe né crisi di governo né la difficile governabilità che si prospetta anche in caso di fiducia confermata al governo sul filo di lana.

Ma Gianfranco Fini ha ribadito la richiesta di dimissioni del governo, senza le quali il Fli lo sfiducerebbe. Che cosa succederebbe a quel punto? Che sorte avrebbe, in particolare, la riforma universitaria? Passiamo in rassegna i diversi scenari.

In caso di fiducia confermata il Senato dovrebbe rapidamente approvare la riforma in via definitiva, mentre nei prossimi mesi il ministro Gelmini potrebbe completare, salvi scivoloni dovuti alla risicatezza della maggioranza parlamentare, l’attuazione di vari regolamenti ‘scolastici’ in sospeso, compreso quello sulla formazione degli insegnanti. Queste azioni andrebbero in porto anche in caso di elezioni anticipate alla prossima primavera.

In caso di sfiducia si aprirebbero diversi scenari.

Nell’ipotesi di un ‘ribaltone’ e di formazione di un governo politico che mettesse Pdl e Lega in minoranza (ipotesi che sembra ormai esclusa) la riforma Gelmini non avrebbe alcuna possibilità di sopravvivere.

Se si arrivasse a un governo ‘tecnico’ senza il consenso di Pdl e Lega la riforma universitaria potrebbe forse avere qualche (modesta) possibilità in più di passare al Senato, se il Fli la sostenesse con forza. Possibilità che aumenterebbero, ovviamente, se il governo tecnico avesse il consenso anche di Pdl e Lega.

Il peggio sarebbe che nei prossimi mesi, a governo caduto o anche non caduto, si aprisse una fase di disordinata rincorsa verso le elezioni, e che un gioco di ripicche e manovre trasversali bloccasse l’attività parlamentare, in un confuso quadro di ostruzionismo di tutti contro tutti.