I fischi alla Moratti e le due anime della CGIL

I fischi fanno parte della democrazia“, ha ripetuto Letizia Moratti dopo essere stata pesantemente contestata a Milano per la sua partecipazione alla manifestazione del 1° maggio. Lo aveva già detto qualche giorno fa, dopo l’analoga contestazione che aveva colpito il suo tentativo di partecipare alla celebrazione del 25 aprile insieme al padre, decorato della Resistenza. Ma il fatto è che non di soli fischi si è trattato, bensì di insulti e minacce.

Va detto che probabilmente, se non si fosse candidata a fare il sindaco di Milano, la Moratti si sarebbe astenuta dall’aderire a manifestazioni da lei finora sempre disertate. Ma occorre subito aggiungere che la sua decisione di rendere omaggio alla festa della Liberazione nella città simbolo della Resistenza – perché anche di questo si è trattato – doveva e deve essere considerata come un contributo positivo alla creazione di civili e normali rapporti di confronto e partecipazione alla vita politica e sociale dei cittadini di un Paese unito nei valori di fondo.

La stessa cosa si deve dire dell’invito rivolto alla Moratti dai sindacati confederali milanesi a partecipare, insieme all’altro candidato Bruno Ferrante, alla celebrazione del 1° maggio: anche in questo caso si è trattato di un passo avanti in direzione della normalità democratica, e bene ha fatto la Moratti ad accettare l’invito, che non si vede peraltro perché e come avrebbe potuto lasciar cadere.

E’ singolare, ma è un segno della complessità dei tempi, che la CGIL milanese si sia segnalata per essere allo stesso tempo la punta più avanzata di questa filosofia del dialogo istituzionale – attraverso il segretario della Camera del Lavoro – e il sindacato di riferimento di coloro che questo dialogo rifiutano a priori, attraverso alcuni suoi quadri e militanti, tra i quali non pochi iscritti al sindacato scuola.

Non è la prima volta che succede, per la verità: nella storia della CGIL e della CGIL scuola si sono registrate vicende analoghe, analoghe profonde contraddizioni, ma in circostanze e tempi diversi. E comunque non all’indomani di un appello alla convivenza, e a non considerare l’avversario come “nemico“, come quello rivolto a tutti dal neopresidente della Camera Bertinotti, un ex sindacalista alfiere del conflitto aperto e duro, ma rispettoso delle regole. E degli avversari.