‘Ogni giovane ha un talento da scoprire’: il presidente di Galdus, Diego Montrone, racconta l’orientamento come esperienza di crescita
In un mondo del lavoro in continua trasformazione, dove le competenze richieste cambiano più velocemente dei percorsi formativi, l’orientamento non può limitarsi a “indirizzare” i ragazzi verso una scuola o una professione. Deve aiutarli, piuttosto, a conoscersi, a sperimentare e a far emergere il proprio talento.
Ne è convinto Diego Montrone, presidente di Galdus, realtà milanese di riferimento nella formazione professionale e nell’alternanza scuola-lavoro, che con OrientaTalenti punta a rendere l’orientamento un vero e proprio percorso di scoperta personale.
Con lui abbiamo parlato di mismatch tra scuola e imprese, del ruolo cruciale della scuola media nelle prime scelte formative e della necessità di superare i pregiudizi che ancora circondano la formazione professionale.
Cosa intende per orientamento?
“Ogni giovane ha dentro di sé un talento, ma spesso non ne è consapevole perché non ha ancora incontrato l’occasione giusta per farlo emergere. Orientare significa proprio questo: creare le condizioni perché quella scintilla di curiosità e interesse si accenda, aiutando ciascuno a esplorare, sperimentare, mettersi in gioco fino a quando quel talento non si manifesta. Oggi il mondo del lavoro è complesso e in continuo cambiamento. Tutte le professioni, anche le più tradizionali, sono pervase dalla tecnologia, si intrecciano con competenze nuove e si trasformano rapidamente. Per un giovane è facile sentirsi disorientato. Ma se non si conosce, ci si preclude la possibilità di scegliere davvero. L’orientamento, quindi, non è solo una guida alla scelta di un percorso, ma un processo di scoperta e conoscenza di sé e del mondo, che permette di crescere, di prendere decisioni autonome e di riconoscere il valore delle proprie capacità. Quando un ragazzo scopre di avere un talento e trova un ambito in cui esprimerlo, OrientaTalenti ha raggiunto il suo obiettivo”.
Uno dei temi più discussi è il mismatch. Quali sono i nodi principali?
“Il mismatch – la distanza tra ciò che il sistema formativo produce e ciò che le imprese richiedono – si riduce quando le aziende diventano parte attiva nei percorsi di formazione e orientamento. Ogni volta che l’impresa apre le sue porte ai giovani, partecipa ai laboratori, ospita stage o testimonianze, contribuisce a far capire cosa serve davvero e a formare competenze coerenti con il mondo reale del lavoro. Dove questo collegamento non esiste, il problema rimane. È una responsabilità che non può ricadere sulla scuola o sui giovani, ma deve essere condivisa con le imprese. Solo una filiera integrata tra scuola, formazione e lavoro può garantire percorsi efficaci e ridurre il disallineamento tra domanda e offerta di competenze”.
E il ruolo della scuola media inferiore?
“La scuola media è un momento chiave, perché è lì che inizia il vero orientamento.
È importante che i ragazzi, già a quell’età, conoscano le diverse strade possibili e comprendano che non esiste un unico modo di imparare o di costruire il proprio futuro. La formazione professionale, in particolare, può aprire gli orizzonti a chi apprende meglio “facendo”, offrendo esperienze concrete e valorizzando stili di apprendimento diversi. Cambiare strada, se necessario, non è un fallimento ma un segno di consapevolezza. Con OrientaTalenti vogliamo anche superare i pregiudizi degli adulti, che spesso tendono a considerare alcuni percorsi meno validi di altri. Ogni cammino ha valore, se aiuta una persona a realizzarsi e a mettere in gioco il proprio talento”.
Cosa dire ai ragazzi?
“Osate. Continuate a cercare, a esplorare, a mettervi alla prova, finché non si accenderà in voi la scintilla della passione. È quella scintilla che dà senso alle scelte e che trasforma un percorso formativo in un’esperienza di crescita personale e professionale”.
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