Federalismo scolastico: il pericolo viene dai “soffiatori di bolle”.

Tanti gli ostacoli da superare, troppi i tasselli da incastrare, poi mediare con l’ostilità delle organizzazioni sindacali, la resistenza sotterranea al cambiamento di un potente apparato ministeriale (che teme di perdere potere, ma non le “rogne“).

La probabilità che acquistasse concretezza l’applicazione alla riforma del Titolo V per il settore istruzione, con la condivisione nello scorso gennaio nella sede tecnica della Conferenza Unificata del relativo Accordo Quadro, era molto forte, ma l’interruzione per lungo tempo dei rapporti politici tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali ha impedito la definizione formale dell’Accordo, che è in lista di attesa della ripresa dei lavori della Conferenza Unificata, dopo il risultato elettorale regionale.

A ben vedere sono tanti i pericoli che potrebbero derivare dai doveri di chi ha vinto le recenti elezioni regionali, dal cambio di maggioranza all’interno della Conferenza delle Regioni, generato dal risultato elettorale, e dalla proposta presentata dalla Lega con la quale si intende incrementare le competenze delle regioni già riconosciute dalla riforma del Titolo V fino a comportare il totale trasferimento alle regioni “… del personale docente, dirigente e amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola dipendente dallo Stato”.

Il passato ha insegnato che privilegiare le vecchie metodiche della sterile polemica, della promessa di concedere “di più“, strumentale a conservare l’assetto vigente e funzionale a contrastare quanto già definito in un accordo in corso di definizione, equivaleva a non decollare mai.

Oggi anche per questo occorre scegliere di tirare dritto, di andare avanti, di arrivare al debutto della fase di costruzione di un federalismo scolastico ambizioso ma equilibrato e soprattutto fattibile perché condivisibile dalle varie componenti che a diverso titolo operano nella scuola e per la scuola.