Educazione e istruzione: un dibattito antico

Ma chi ti ha insegnato l’educazione?” E’ la domanda che da sempre gli adulti usavano rivolgere ai ragazzi che volevano rimproverare per loro comportamenti giudicati lesivi di regole o prassi consolidate.

Nella domanda era sottinteso un biasimo nei confronti dei genitori di questi ragazzi, responsabili di non averli, appunto, ‘educati’, perché era opinione diffusa che a loro, ai genitori, spettasse in primo luogo il compito di insegnare ai figli le regole fondamentali di comportamento, tra le quali era certamente compresa anche quella di rispettare gli insegnanti.

Con il tempo, e sempre più spesso, la domanda è però diventata “Ma è questa l’educazione che ti insegnano a scuola?”, domanda nella quale è sottinteso un giudizio critico sulla scuola e sugli insegnanti, sui quali viene scaricata la responsabilità non solo di istruire i giovani, ma anche di ‘educarli’. La famiglia si è in sostanza sottratta al compito di insegnare ai figli il rispetto delle regole, e si aspetta (o desidererebbe) che questo compito fosse assolto dalla scuola. La quale non è però nella condizione di farlo, perché – almeno in Italia – essa è stata costruita per ‘istruire’ (e con sempre meno risorse e minore peso nelle priorità del Paese), non per ‘educare’.

Nella stessa Costituzione repubblicana del 1948 il compito di educare non fu assegnato alla scuola (artt. 33-34) ma alla famiglia (art. 30: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”). E il ministero preposto alla scuola tornò a chiamarsi ‘della pubblica istruzione’, dopo essere stato trasformato nel ventennio fascista in ‘Ministero dell’educazione nazionale’.

Il rischio è che con la contemporanea crisi della famiglia tradizionale e del prestigio sociale della scuola e degli insegnanti nessuno abbia più la legittimazione (auctoritas) ad educare.