
Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma – centro accreditato dal Sistema sanitario nazionale di terapia e ricerca per l’età evolutiva – chiede maggiore cautela per l’attribuzione di diagnosi di DSA e, in vista della presentazione di una specifica ricerca sul fenomeno, ha dichiarato:
“In questo momento di crisi è necessario evitare di sperperare risorse. Le linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca indicano, a buon ragione, come la percentuale di bambini con dislessia nelle scuole non sia del 15% ma si tratti di una cifra pari al 3%”.
Dalla indagine condotta risulta innanzitutto che “le diagnosi devono essere fatte a partire dal secondo anno delle scuole elementari, non esistendo casi di dislessia improvvisa che possano manifestarsi a 10, 12 o 14 anni”.
Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva ha sottolineato, inoltre, la necessità di “evitare sprechi, perché far acquistare alle scuole strumenti compensativi, come calcolatrici o computer, che poi non vengono adoperati, in quanto non idonei ai casi concreti, si rivela non solo dannoso come spesa
ma anche pericoloso per gli studenti a cui viene così precluso un percorso di apprendimento vero”.
Per il direttore dell’IdO, infine, “è doveroso fare chiarezza sull’aumento vertiginoso dei casi di Dsa, in quanto non è veritiero. Si tratta – ha precisato – di un’ondata di medicalizzazione che investe tutti quei bambini i cui comportamenti si mostrano non inquadrati in un modello prestabilito”.
Si tratterebbe di un fenomeno, secondo Castelbianco, che “riguarda molti alunni considerati dislessici solo perché presentano difficoltà scolastiche, o considerati affetti da sindrome Adhd solo perché troppo agitati, quando invece potrebbero essere depressi o presentare disturbi di condotta”.
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