Dispersione/3. ‘Acqua alle funi’ per far ripartire la scuola italiana

Nella stessa seduta del 23 aprile è stato ‘audito’ anche l’ex direttore generale degli Ordinamenti del Miur, Mario Giacomo Dutto.

Essendosi occupato di scuola con ruoli diversi (docente, dirigente, ispettore tecnico, direttore generale dell’USR Lombardia prima di approdare al Miur), ha potuto presentare alla commissione parlamentare un bilancio dei pochi successi (che però ci sono, vanno scoperti e valorizzati: “la realtà è fatta di microcosmi”…) e dei molti fallimenti – soprattutto delle politiche pubbliche – di cui il fenomeno della dispersione è sintomo evidente.

Di qui alcune indicazioni, come quella di anticipare, estendere e migliorare l’attività formativa in età prescolare, partendo dalla fascia 0-3 anni, in Italia poco curata, e dalla scuola dell’infanzia, perché è lì che si pongono spesso le premesse di quanto accadrà dopo, si formano le precondizioni del successo e dell’insuccesso nella scuola primaria e media e soprattutto nel biennio iniziale della scuola secondaria superiore: la cartina al tornasole di quanto si è fatto (e non fatto) prima. Che fare?

Un punto di convergenza tra l’analisi di Tuttoscuola, sviluppata in un contesto più complessivo anche nel documento “Sei idee per rilanciare la scuola”, e quella di Dutto, esposta con lucido rigore in un suo recente volume, “Acqua alle funi. Per una ripartenza della scuola italiana” (Vita e Pensiero, Milano 2013), è che “l’espulsione dai percorsi di formazione è una sconfitta di tutti”.

L’“acqua alle funi” che reggono la scuola italiana, e che occorre rafforzare bagnandole (come si fece per innalzare l’obelisco di San Pietro nel 1586), è fatta di più attenzione per lo studente, maggiore flessibilità degli ordinamenti, maggiore considerazione (anche nella ricerca) per i concreti problemi che l’insegnante incontra in classe. Non di nuove riforme nominalistiche non sorrette da una convinta capacità decisionale della èlite politica ed amministrativa.