Dispersione scolastica, le strategie di azione per contrastare il fenomeno

I dati pubblicati da Tuttoscuola al centro di un'indagine conoscitiva presentata dalla VII Commissione della Camera dei Deputati

Anno dopo anno, preziose risorse per il futuro del Paese sprecate. Sono i ragazzi che abbandonano gli studi, decine e decine di migliaia: numeri impressionanti della dispersione scolastica, analizzati da Tuttoscuola in uno studio che ora viene presentato proprio dalla VII Commissione della Camera dei Deputati e messo al centro di un’indagine conoscitiva che propone anche strategie di azione per contrastare il fenomeno, uno dei nodi storici alla qualità del sistema di istruzione italiano.

Nel documento, che cita l’analisi svolta da Tuttoscuola, la dispersione scolastica negli istituti statali – misurata come differenza tra il numero degli iscritti all’ultimo anno nel 2013-2014 rispetto agli iscritti al primo anno cinque anni prima, cioè nel 2009-2010 – è inferiore alle 170.000 unità di studenti dispersi, pari al 27,9 per cento. Nell’anno scolastico 2012-2013, sempre secondo la comparazione quinquennale, erano stati 10.000 in più, pari al 29,7 per cento. Secondo il rapporto di Tuttoscuola, la dispersione è risultata concentrata negli istituti professionali, dove raggiunge il 38 per cento, mentre dieci anni fa arrivava al 50 per cento. Negli istituti tecnici invece la percentuale di dispersi arriva al 28 per cento.

Numeri preoccupanti, se solo si riflette sul fatto che lo sviluppo del sistema di istruzione e formazione è fortemente intrecciato con il tema della dispersione. Nel momento in cui l’offerta formativa non incontra i bisogni di formazione o diverge rispetto ad essi, si crea la dispersione. Nella realtà italiana, soprattutto nel settore dell’istruzione tecnica e professionale, vi è una strutturazione dell’offerta formativa che continua a non incrociare i bisogni.

L’obiettivo ultimo di una strategia nazionale che acceleri il contrasto alla dispersione scolastica è dunque portare la quota percentuale degli early school leavers al 10 per cento dal 17,6 per cento attuale.

Il primo passo urgente consiste però nel dotarsi di strumenti che consentano di conoscere il fenomeno, quindi nella realizzazione e nel completamento di Anagrafi integrate che permettano di acquisire dati certi e nel mettere a punto strategie preventive con interventi riferiti alla fase dell’infanzia e alla scuola secondaria superiore.

Ma non basta. Molti insuccessi registrati in passato nonostante diagnosi puntuali e tempestive vanno ricondotti alla carenza di strumenti di implementazione delle decisioni e degli orientamenti. Occorre quindi una strategia efficace di implementazione che per il periodo 2014-2020 dovrebbe avere due capisaldi: il potenziamento della capacità di iniziativa delle singole scuole, da un lato, e la regia di una unità di crisi capace di creare le necessarie condizioni favorevoli dall’altro.

Dato il carattere di emergenza è indispensabile però un forte “pilotaggio” a livello nazionale, in grado di creare le indispensabili sinergie tra i soggetti in campo e di mantenere nell’arco dei cinque anni la rotta intrapresa. Per questo l’Unità di crisi dovrebbe essùsere costituita presso la Presidenza del Consiglio, in modo da coordinare tutti gli interventi e coinvolgere tutti gli attori (Miur, Ministeri interessati, Conferenza Stato Regioni, Invalsi, USR, etc.) su obiettivi precisi e mirati e promuova la messa in rete delle scuole e degli USR nel conseguimento di tali obiettivi.