Diritti contrattuali o semplici interessi?

L’idea del giuslavorista Pietro Ichino, senatore PD, di rendere più flessibili taluni aspetti del rapporto di lavoro degli insegnanti, mediante il superamento dell’attuale separazione fra insegnanti di ruolo e insegnanti precari, prevedendo la collocazione di tutti a tempo indeterminato, ma senza inamovibilità, ha provocato, come era prevedibile, la reazione negativa del mondo sindacale.

Tra gli altri, la critica più severa è venuta dalla Flc-Cgil, il cui segretario generale Domenico Pantaleo ha spiegato che “L’idea del professor Ichino è sempre la stessa e cioè che si deve ‘abbassare’ la quota dei diritti per potere lavorare. E questa è un’idea che io assolutamente non condivido.

Non vogliamo qui entrare nel merito della proposta né della critica sindacale, ma ci sembra doverosa, comunque, una precisazione sul quel termine “diritti” per il quale il segretario Pantaleo pone un no deciso e netto, difendendone l’inviolabilità.

Ci sembra di sentire ancora una volta le affermazioni che un altro segretario della Cgil, Maurizio Landini della Fiom, alcuni mesi esprimeva in occasione del referendum sul contratto con la Fiat.

Anche allora si parlava di diritti inviolabili, scomodando perfino la Costituzione.

È bene precisare che non tutto ciò che è all’interno di un contratto di lavoro è un diritto dei lavoratori. Spesso è una semplice tutela di interessi e di condizioni lavorative, soggetti a modifiche, secondo l’evoluzione dei contratti. Si tratta di interessi protetti, che non sono quasi mai anche diritti nel senso pieno del termine.

Non è una questione formale, come si potrebbe pensare, perché se tutti i contenuti contrattuali fossero dei diritti veri e propri dei lavoratori non potrebbero mai essere modificati, determinando la conservazione dell’esistente. A danno a volte del servizio.