Dirigenti Scolastici, il miraggio della perequazione
Sembra non placarsi la protesta dei dirigenti scolastici in vista del rinnovo del contratto della dirigenza e continuano le sottoscrizioni via web della diffida verso i sindacati di settore, affinché non “svendano” in sede di contrattazione.
La questione centrale è la perequazione retributiva con l’altra dirigenza pubblica, una specie di terra promessa che dal 2000 accompagna, senza successo, le rivendicazioni contrattuali.
In effetti, mentre la retribuzione di base è uguale per tutta la dirigenza pubblica, compresa quella scolastica (43.310,90 euro annui), sono di entità molto diverse le risorse per finanziare la retribuzione di risultato e di posizione da spartire tra gli addetti di ciascuna area dirigenziale.
Le risorse riservate alle retribuzioni di risultato e di posizione dei dirigenti scolastici sono di entità ridotta, di modo che, ripartite tra i molti destinatari, producono quote modeste che determinano la sperequazione nei confronti degli altri dirigenti pubblici che, in partenza, godono di quote finanziarie maggiori con effetto distributivo più vantaggioso (molte risorse per pochi).
La settimana scorsa questa protesta dal basso, senza padrini politici o sindacali, aveva raggiunto le 1.200 firme con l’ambizioso (possibile) obiettivo di raggiungere e superare almeno un terzo dei dirigenti scolastici attualmente in servizio (circa 6.700).
Oltre alla diffida verso i sindacati – almeno verso quelli accusati di non aver mai sostenuto convintamente l’obiettivo effettivo della perequazione completa – i promotori invitano i dirigenti a non compilare il portfolio (un invito che, a dire il vero, altri sindacati hanno proposto da tempo).
Se questa anomala iniziativa di protesta dovesse prendere piede più diffusamente, potrebbero esserci contraccolpi sulla regolarità di avvio delle lezioni.
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