Devolution o dissolution?/2

Per completare il quadro appare opportuno ricordare che, a prescindere dalla scelta di approvarla con una ristretta maggioranza, la riforma del Titolo V registrò nella passata legislatura contrasti non lievi da parte dell’opposizione di allora, attuale maggioranza. Se non andava bene quella riforma perché non si è tentato di modificarla radicalmente, perché è stata confermata, salvo ritocchi sulla ripartizione di competenze?
Se si fosse trattato solo di lievi modifiche, come mai si registra un dibattito aspro ma muto in Senato, dove la voce del governo e della maggioranza è assente?
Il nuovo articolo 117, votato la scorsa settimana, aggiunge altra incertezza e confusione nel quadro di riparto delle competenze, perché sovrappone due competenze esclusive, una statale e una regionale. Per corrispondere alla ultimativa richiesta della devolution della Lega, ribadita con le dimissioni tattiche del ministro per le riforme istituzionali Calderoli, è stata attribuita, tra l’altro, alle regioni la competenza esclusiva su scuola e sanità. In caso di conflitto quale competenza deve prevalere, quella statale o quella regionale?
La riforma costituzionale è diventata terreno di scontro politico non solo tra maggioranza ed opposizione, ma anche all’interno della stessa maggioranza. Infatti nel testo convivono un po’ di federalismo, un po’ di centralismo, un po’ di interesse nazionale. Sembra quasi una riforma fatta solo per accontentare i diversi interessi politici della maggioranza.
Il rischio è che con questa devoluzione si creino le premesse per rompere l’ordinamento unitario, per realizzare una progressiva tollerata ineguaglianza fra territorio e territorio.
Se passa, per i suoi oppositori non resterebbe che la strada del referendum.