Decreto sul dimensionamento. L’ira delle Regioni

Perché il nuovo decreto del governo ha causato ulteriore tensione nel quadro istituzionale? Perché cade in un passaggio estremamente delicato nel processo di ridefinizione degli equilibri e delle regole di gestione del sistema di istruzione. Con il federalismo fiscale alle porte e l’attuazione del Titolo V in materia di istruzione sempre più vicina, le Regioni nei giorni scorsi si preparavano a esaminare in Conferenza unificata il piano programmatico del governo di razionalizzazione della scuola, che peraltro non era stato preceduto, da quanto risulta, da un’adeguata azione di sensibilizzazione e coinvolgimento (il tavolo di confronto Miur-Regioni è sospeso da mesi).

Il decreto del governo, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 7 ottobre, rappresenta una accelerazione, dura nei metodi e chiara nei contenuti (minaccia di commissariamento inclusa), che sta provocando reazioni in un clima già teso. Il 9 ottobre nella riunione degli assessori regionali all’istruzione che doveva preparare il parere sul piano programmatico si respirava un’aria di forte irritazione. “E’ un atto arrogante, irresponsabile, irrispettoso e illegittimo, contro il quale ci opporremo con ogni mezzo, compreso il ricorso alla Corte costituzionale”, ha detto ad esempio l’assessore all’istruzione, formazione e lavoro della Toscana Gianfranco Simoncini commentando l’articolo 3 del decreto legge 154. “Il dimensionamento scolastico è una materia di competenza delle Regioni – ha osservato – e la Toscana lo sta facendo, come sempre, di concerto con le Province e secondo i criteri previsti dalle norme che si è data con propria legge regionale e che, fra l’altro, prevede come termine di presentazione il 31 dicembre di ogni anno“. Il decreto “è un provvedimento al quale non intendiamo piegarci, perché rappresenta un colpo allo spirito di collaborazione che dovrebbe informare i rapporti fra Stato, Regioni ed Enti locali sulla scuola“. Dall’opposizione sono venute altre critiche. Secondo l’ex ministro Fioroni “la norma sull’accorpamento, e la conseguente chiusura, degli istituti scolastici con meno di 500 alunni inserita di soppiatto dal governo in un decreto riguardante la Sanità, conferma che per effettuare i tagli alla spesa scolastica imposti da Tremonti non basterà il ritorno al maestro unico“.

Ma a questo punto è necessario chiarire esattamente che si intende per dimensionamento delle istituzioni scolastiche, quali criteri lo regolano e quali effetti possono avere le misure del governo.