Darwin ok, ma ora che si fa con le ‘Indicazioni’?

Letizia Moratti ha deciso di affrontare la marea montante delle critiche sull’esclusione della teoria dell’evoluzione dalle “Indicazioni nazionali“, allegate al decreto legislativo sul primo ciclo.
Errare è umano. Riconoscere di aver sbagliato, e non perseverare nell’errore, è ormai qualcosa di insolito, soprattutto nel nostro mondo politico.

La decisione del ministro di rilegittimare l’insegnamento della teoria dell’evoluzione fin dalla scuola primaria va incontro alle richieste del mondo scientifico e di un laico come il prof. Umberto Veronesi, ma anche alle attese del mondo cattolico più aperto: non a caso il pedagogista Luciano Corradini, presidente dell’UCIIM, aveva immediatamente preso le distanze dall’esclusione della teoria darwiniana dalla “Indicazioni“, dichiarandosi “assolutamente non d’accordo” (vedi TuttoscuolaNews n. 144 del 29 marzo 2004)
E’ stato così evitato che si sviluppasse su questo tema una controversia di tipo ideologico: non solo evoluzionisti contro creazionisti, ma laici contro cattolici, neoguelfi contro neoghibellini.

Si tratta però di una linea opposta a quella sostenuta da Giuseppe Bertagna, ispiratore della riforma Moratti, secondo il quale le “formalizzazioni teoriche” dovevano essere rinviate alla fascia scolastica successiva, perché prima è meglio “partire dai dati empirici controllabili per abituare i ragazzi ad elaborare criticamente ipotesi, leggi e teorie”.<br
Si pone ora un problema, che potrebbe avere anche una rilevanza più generale. In che modo sarà possibile ripristinare l’insegnamento della teoria dell’evoluzione alla luce dell’attuale decreto legislativo, del quale le “Indicazioni nazionali” costituiscono parte integrante? Quante altre osservazioni ed obiezioni potrebbero esser fatte su altri temi affrontati o non affrontati dalle “Indicazioni“?
Sarà necessario apportare correzioni formali al decreto legislativo? E in tal caso, quale sarebbe la procedura (serve una nuova deliberazione del Consiglio dei ministri?), e quali i tempi? Oppure, come sarebbe più ragionevole, basterà – come dire – declassare le attuali “Indicazioni nazionali” (che sono peraltro provvisorie), dichiarandole non prescrittive per le scuole e gli insegnanti?

Forse si potrebbe, almeno per il prossimo anno scolastico, affidare alle scuole e alla loro autonomia didattica e organizzativa la scelta dei contenuti disciplinari, anche sulla base dei vecchi programmi, in attesa di nuove, più essenziali e più ampiamente condivise “Indicazioni“.
La scuola italiana, in questo momento di tensione e confusione, ha bisogno di una tregua. Ci auguriamo che la decisione di Letizia Moratti sul caso Darwin vada in questa direzione.