Dal "Punto e a capo" del ministro al "Punto e basta" del sindacato

Quando il ministro Moratti lanciò le linee della riforma del sistema di istruzione agli Stati Generali di due anni fa, usò un titolo eloquente: “Punto e a capo”, uno slogan che suonò come volontà di azzeramento dei progetti riformatori precedenti e di cambiamento radicale del sistema vigente.
I sindacati della scuola ebbero da subito un atteggiamento diffidente, che andava dalla posizione più radicale della Cgil-scuola a quella prudentemente critica degli altri sindacati.
Mentre sul metodo della riforma per delega, è sempre stata unanime la contrarietà del fronte sindacale, nel merito dei contenuti della riforma qualche piccolo spiraglio di attenzione c’è stato da parte del sindacato più rappresentativo del settore, la Cisl-scuola, e dallo Snals.
Ne è stata prova anche la recente vicenda estiva del Consiglio nazionale (CNPI) dove è stato concesso dal sindacato (contraria la Cgil-scuola) una tregua e un timido lasciapassare per il progetto nazionale di innovazione per la generalizzazione dell’inglese e dell’informatica, e per alcuni aspetti dei piani di studio individualizzati, nelle prime classi della primaria.
Ma la tregua è finita e il ministro Moratti sembra ora aver perso qualsiasi appoggio, anche se indiretto, del mondo sindacale.
Proprio il segretario generale della Cisl-scuola, intervenendo nella manifestazione di sabato 29 novembre a Roma, ha affermato: “Questa riforma non ci piace. Ma ci piace ancor meno il primo decreto attuativo. Per questo ne chiediamo il ritiro immediato”. E ha aggiunto “Due anni sono bastati per farci capire che questo governo sulla scuola è capace solo di cose perniciose. Per questo diciamo: punto e basta!”.