Da 16 anni l’istruzione conta sempre meno nelle priorità dell’Italia

E’ grave non capire la correlazione tra scuola e performance economica di un Paese“.
Lo ha detto in questi giorni il presidente del Consiglio Romano Prodi. Eppure sembra proprio l’errore in cui è incorsa l’Italia negli ultimi 16 anni (almeno), durante i quali il tasso di crescita della spesa per l’istruzione (+73%) è stato inferiore a quello della spesa pubblica totale (+84%). E nettamente più basso riguardo ad altri settori (Difesa +111%, Sanità +122%, Protezione sociale +127%).

Se la spesa per scuola e formazione fosse cresciuta in questo arco di tempo secondo la media della spesa pubblica totale, oggi ci sarebbero oltre 4 miliardi di euro di risorse aggiuntive per l’istruzione ogni anno.

I dati, rielaborati da Tuttoscuola, si ricavano da uno studio dell’Istat, che nelle sequenze numeriche di sedici anni di spesa pubblica (dal 1990 al 2005) ha fotografato i cambiamenti del nostro Paese. Con risultati in alcuni casi sorprendenti su come lo Stato spende i suoi soldi.

L’indagine statistica riporta in milioni di euro le spese sostenute dalle Amministrazione pubbliche per le principali funzioni (servizi generali, difesa, ordine pubblico, protezione dell’ambiente, istruzione, salute, protezione sociale, ecc.).

Dunque l’istruzione, che pure partiva in Italia da un grave deficit rispetto alle risorse ad essa destinate dai principali paesi, in questi anni ha perso terreno nelle scelte di investimento del nostro Paese.

Viene da fare una domanda: ma il Paese lo voleva? C’era questo nel mandato degli elettori delle tante votazioni politiche degli ultimi tre lustri?