Crisi politica/2. Se si vota a giugno

Se si votasse a giugno 2005 la campagna elettorale sarebbe, naturalmente, brevissima, e non potrebbe che svolgersi sul consuntivo dell’azione sviluppata dalla maggioranza uscente (malconcia e zoppa, dopo il recesso dell’UDC) nei quattro anni della corrente legislatura.
Ma dal punto di vista del governo, o almeno da quello del suo leader, il leit-motiv di questa campagna flash sarebbe probabilmente concentrato non tanto sui risultati ottenuti quanto sulla necessità per il governo uscente di ricevere un altro mandato per completare le azioni avviate e per vari motivi non concluse. Mentre dal punto di vista dell’opposizione l’accento cadrebbe verosimilmente sull’inadeguatezza e sulle contraddizioni che hanno caratterizzato l’azione del governo nei vari settori, e sulla sua inaffidabilità per il futuro.
Per quanto riguarda la politica scolastica, il centro destra potrebbe puntare sul fatto che il processo di attuazione della riforma del sistema di istruzione e formazione è rimasto a metà, e che servirebbe almeno un’altra legislatura per portarlo a termine: intanto con l’adozione degli ultimi due decreti legislativi sul secondo ciclo e sulla formazione dei docenti, e poi con il varo dell’imponente mole di normativa secondaria (regolamenti, decreti ministeriali) necessaria per implementare la riforma avviata. Parola d’ordine: attuare la legge 53.
L’attuale opposizione in una campagna elettorale così ravvicinata si troverebbe a dover costruire in poche settimane un organico programma alternativo condiviso da tutti i partner: un suo collante sarebbe la critica all’operato della Moratti, ma la prima scelta da affrontare sarebbe: abrogazione o revisione (più o meno ampia) della legge 53?
Con quale delle due opzioni si presenterebbe l’Unione agli elettori? Difficile dirlo al momento, anche se un peso rilevante nella decisione lo avrà la preoccupazione di non gettare la scuola inutilmente e per troppo tempo nella confusione. E’ prevedibile però che una delle parole d’ordine sarà la qualità nei processi di selezione e reclutamento degli insegnanti. E alla qualificazione del personale deve corrispondere una maggiore soddisfazione nel ruolo e nella retribuzione. Ecco perché il primo passo di una politica scolastica nuova che verrebbe prospettato alle urne sarebbe il rinnovo dei contratti scaduti da anni e senza incrementi certi.