Contagi a scuola, Maruotti (LUMSA): ‘Non è possibile affermare che la scuola abbia causato un aumento della diffusione del virus’

I dati riportati da Wired sul numero dei contagi nelle scuole accendono il dibattito sulla diffusione del virus negli istituti scolastici. Lo statistico e docente universitario: “Senza aver accesso ai dati a disposizione dal Ministero è difficile stabilire se i numeri siano attendibili”.

“Tutte le settimane abbiamo inviato i dati all’ISS perché li lavorasse e li confrontasse con i dati propri. Wired ha preso questi dati settimanali e li ha sommati, ma i dati non devono essere sommati di settimana in settimana, perché di settimana in settimana possono esserci anche le stesse persone tra i contagiati, persone che hanno contratto il virus la settimana precedente e che dunque vengono contate più volte”. Così la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha commentato a  “L’aria che tira” su La7 i numeri dei contagi a scuola diffusi nei giorni scorsi da Wired. Il dibattito sui positivi COVID nelle scuole che si è acceso negli ultimi giorni (I numeri del contagio diventano una questione politica) pone, ancora una volta, al centro del mirino tre questioni fondamentali: la disponibilità, la qualità e la trasparenza dei dati. Si tratta di tre elementi spesso rivendicati dalla comunità scientifica di cui fa parte Antonello Maruotti, professore ordinario di statistica presso la LUMSA e membro StatGroup-19, a cui Tuttoscuola chiede aiuto per provare a fare chiarezza non solo sulla vicenda, ma anche e soprattutto sulla complessità del rapporto tra i numeri della pandemia e il mondo della scuola.

Si è molto discusso in questi giorni sull’attendibilità del dato di 64.980 casi positivi nelle scuole italiane (primaria, secondaria di primo e secondo grado) al 31 ottobre. Lei cosa ne pensa?

“Premessa: il numero non si riferisce ai contagiati a scuola, ma al numero di studenti contagiati comunicati dai dirigenti scolastici. Non è possibile sapere dove sia avvenuto il contagio. Senza un adeguato sistema di monitoraggio non c’è evidenza che i contagi siano avvenuti a scuola. Inoltre, gli unici dati ufficiali sono contenuti nel rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, nel quale si afferma che la percentuale di focolai a scuola è inferiore al 4%; mentre i contagi avvengono principalmente in ambito familiare (circa l’80% dei focolai)”.

Vicenda a parte, l’impennata di contagi che c’è stata dall’apertura delle scuole ad oggi è innegabile: questo cosa significa, che il contagio avviene a scuola?

“L’aumento dei contagi susseguente all’apertura delle scuole è oggettivo, ma questo non fa riferimento alla diffusione del virus nelle scuole – prosegue il fondatore, insieme a Giovanna Jona Lasinio (Università Sapienza di Roma), Fabio Divino (Università del Molise), Alessio Farcomeni (Università Tor Vergata di Roma) e Gianfranco Lovison (Università di Palermo) di StatGroup-19, il gruppo di professori di statistica che si occupa di prevedere la diffusione del Covid-19 sin da marzo –. La stessa relazione si osserva dalla riapertura delle attività lavorativa o in conseguenze delle elezioni regionali. Non c’è evidenza statistica, al momento, di una relazione causa-effetto tra la riapertura delle scuole e l’aumento della curva dei contagi. Per avere queste informazioni è necessario un serio monitoraggio all’interno delle scuole, tracciare la propagazione del virus dal caso zero in poi, ovvero, si dovrebbero tracciare quanti alunni risultano positivi nella stessa classe dopo il primo”.

Quindi niente paura, la scuola è sicura?

“Dove c’è assembramento c’è rischio – sottolinea lo statistico – e questo vale per i mezzi pubblici, come per gli uffici e per la scuola, ma affermare che il rischio zero non esiste è diverso dal dire che sia la scuola la causa della diffusione del virus”.