Compiti a casa. In Italia sì, però, quasi no

In Italia il dibattito sui compiti a casa c’è sempre stato, e ha visto in passato la netta prevalenza di coloro che ne sostenevano la necessità, a integrazione delle attività svolte in classe. Negli ultimi anni sono aumentate le critiche, avanzate da una parte dei genitori e da psicologi come Silvia Vegetti Finzi a cui giudizio i compiti a casa “dovrebbero essere ridotti all’essenziale in modo che i bambini li eseguano presto e da soli”, senza essere assillati da genitori ansiosi.

Non è d’accordo Benedetto Vertecchi, ordinario di pedagogia sperimentale all’università di Roma 3 e già presidente dell’Invalsi, che interpellato da Tuttoscuola.com sulla esportabilità in Italia del movimento francese anti-compiti a casa ha sottolineato che “L’Italia non è la Francia, dove i programmi sono stati predisposti con l’esplicito intento di consentire agli alunni di imparare quasi tutto in classe”, e comunque si resta più a lungo a scuola.

Disponibile e interessato a parlarne è invece il presidente dell’Associazione italiana genitori (Age), Davide Guarneri, che parla di “soluzioni personalizzate per gli alunni, a seconda delle loro esigenze e attitudini”, concordate tra la scuola e i genitori. Ma non per gli alunni che frequentano la scuola a tempo pieno, che dovrebbero essere completamente esentati da compiti domestici.

Pareri diversi, come si vede, su un argomento che meriterebbe di essere messo a fuoco con maggiore attenzione anche nel nostro Paese.