Cittadinanza a Rami? Si riapre il dibattito sullo jus culturae 

La vicenda dei 51 bambini salvati dal coraggio e dall’astuzia del loro compagno egiziano Rami (con l’aiuto della collaboratrice scolastica Tiziana Magarini) ha riaperto il dibattito sulla legge riguardante l’acquisizione della cittadinanza italiana per i ragazzi, come Rami, nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccoli. Il ministro dell’istruzione Marco Bussetti, che ha fatto visita agli studenti della scuola media Vailati di Crema, coinvolti nella tentata strage di San Donato Milanese, accompagnato dal direttore regionale Delia Campanelli, li ha definiti “eroi”.

Il padre di Rami, Khaled Shehata, assicura a “Repubblica”: “Rami è nato e cresciuto qui, frequenta le vostre scuole, parla alla perfezione la vostra lingua: è già italiano. Vuole diventare carabiniere, difendere la sua patria. (…) E lo stesso vale per gli altri figli di stranieri nati e cresciuti qui, l’Italia deve capire che sono una ricchezza”.

Una legge che consentival’acquisizione della cittadinanza italiana, a certe condizioni, era stata approvata in Italia alla fine del 2015, ma si era poi arenata nel 2017 al Senato, dove il governo di allora (Gentiloni), disponendo di una maggioranza assai risicata in quel ramo del Parlamento, rinunciò a porre la fiducia sul provvedimento, duramente contrastato da Forza Italia e Lega Nord e non sostenuto dal Movimento 5 Stelle, che decise di astenersi, come aveva già fatto alla Camera.

Ora il capogruppo del PD alla Camera, Graziano Delrio, intervistato da Repubblica, dice che “a noi del PD è mancato il coraggio, dovevamo rischiare di più e mettere la fiducia sullo ius soli”, e invita il neosegretario Zingaretti a dare battaglia su questo tema. D’accordo Matteo Renzi (“Io la fiducia sulle unioni civili l’avevo messa. Sullo ius soli, invece...”). Anche l’ex segretario Martina appoggia la proposta di Delrio, aggiungendo che “va rilanciata anche la raccolta firme per il referendum abrogativo del decreto ‘insicurezza’ di Salvini”.

Ma Salvini sarebbe disponibile (forse) solo per un provvedimento eccezionale, ad personam, non per introdurre lo ius soligeneralizzato: se Rami lo vuole, ha detto, “deve prima farsi eleggere in Parlamento”. Luigi Di Maio, pur favorevole a un provvedimento ad personam (lo ha proposto per primo), schiera di fatto il M5S con Salvini: lo ius soli “non è nel contratto”… Lo stesso ribadisce il ministro dell’istruzione Bussetti. Il padre di Rami è incredulo: “Non è giusto. Mio figlio ha salvato la vita a 53 persone. L’Italia dovrebbe premiare il suo coraggio”.

Resta così in vigore la legge introdotta nel 1992, che prevede un’unica modalità di acquisizione, quella dello ius sanguinis per la quale un bambino è italiano solo se almeno uno dei genitori è italiano. Un bambino con genitori stranieri, anche se nato in Italia, può chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento ha risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.

Eppure la vicenda di Rami avrebbe potuto consentire il ripescaggio almeno dello ius culturae(o scholae, come propose l’allora ministro Fedeli), ovvero di un diritto alla cittadinanza legato all’istruzione, previsto dalla legge naufragata nel 2017, in base al quale potrebbero chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico e anche i ragazzi nati all’estero, ma che arrivano in Italia fra i 12 e i 18 anni, a condizione di aver abitato in Italia per almeno sei anni e di aver superato un ciclo scolastico.

È un segno dei tempi che nemmeno su una norma così circoscritta e ragionevole, che riguarderebbe centinaia di migliaia di bambini come Rami, si riesca a raggiungere un accordo nell’attuale Parlamento.