Certificazione delle competenze, quando le linee guida restano tali

L’articolo In arrivo il modello nazionale di certificazione delle competenze è lo spunto dal quale parte il nostro lettore Pasquale Andreozzi parte per esprimere un proprio giudizio critico sul modello della certificazione delle competenze e, più in generale, contro i “mirabolanti documenti programmatici o guide (linee)” che si propongono come rivoluzionari.

Ne ripubblichiamo volentieri l’intervento scritto nella nostra piattaforma di discussione sotto a ogni articolo, con l’intento di discuterne insieme.

Invitiamo gli altri lettori a inviarci le loro opinioni sul tema (o su altri temi nuovi da proporre), scrivendoci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

—-

Sempre più spesso mi infastidisce sentire dell’arrivo dell’ennesima rivoluzione nelle scuole attraverso la diffusione di mirabolanti documenti programmatici o guide (linee).

Il problema della certificazione delle competenze, nel caso specifico, si presta clamorosamente alla critica.

Investe svariati aspetti formali e sostanziali: Chi certifica cosa, riguarda la “competenza” dei certificatori, l’individuazione di riferimenti comuni condivisi e la valutazione attendibile di tutte e due; se non è così, è ridicolo, no? Certificare le competenze, infatti, si trasformerebbe, come in parte è già accaduto, in un altro concetto/moda. Quello che accade in tante, troppe, scuole è penoso. Non si certificano le competenze, si effettua la trasposizione di una scala di punteggi: a,b,c, 1,2,3, così così, sufficiente, bravo, bravissimo, eccezionale…

Questo avviene perché c’è il solito versante sostanziale che bellamente si ignora: certificare le competenze dovrebbe essere il riflesso di una vera innovazione di “prodotto” (apprendimento) e di “processo” (di insegnamento), come nel corso degli anni 80/90 per le organizzazioni e le industrie, o le due innovazioni convergono e sono coerenti o cambiare solo il prodotto (posto che si abbia qualche idea) o solo il processo (posto che si abbiano le risorse da investire) non porta a nulla.

Fuor di similitudine, nella scuola si possono anche produrre linee guida eccezionalmente innovative, ma se l’organizzazione delle scuole e l’organizzazione ministeriale centrale e periferica continua ad essere improntata  all’antico motto “l’intendenza seguirà”, i cambiamenti non potranno che essere verbali (e anche verbosi, come spesso accaduto nella scuola).

Tradotto in non scolastichese: questa cosa qui va fatta se l’autonomia, la formazione docente, la valutazione di tutto, le risorse divengono improvvisamente adeguate e convergenti o almeno vi sia un programma credibile che, per ora, stento a vedere (magari sono solo pessimista).

—-

I lettori di tuttoscuola.com sono invitati a dire la loro su questo tema, scrivendo a botta_e_risposta@tuttoscuola.com. La redazione pubblicherà le risposte più significative. Analogamente, coloro che vogliono proporre nuovi temi di discussione possono scriverci al medesimo indirizzo botta_e_risposta@tuttoscuola.com.