Buona Scuola, Il CdM approva una riforma che non riforma

Il CDM avrebbe dovuto licenziare il Testo definitivo della Delega sull’inclusione della Buona Scuola il prossimo 17 Aprile, ma l’approssimarsi delle vacanze di Pasqua, ha fatto accelerare allo scorso 7 aprile l’approvazione finale della tanto attesa e “sospirata” Riforma del sostegno.

Innanzitutto, estremamente positivo è che, con le novità introdotte in CDM, si rimette al “centro” del processo di inclusione scolastica la famiglia, che partecipa a tutte le fasi: dalla formulazione del profilo di funzionamento dell’alunno (che sostituisce la valutazione diagnostica funzionale, come chiesto dalle associazioni, ndr), alla quantificazione delle risorse da assegnare. Su richiesta delle famiglie, poi, il Piano educativo individualizzato (Pei) entra a far parte del profilo di funzionamento.

Se la prima bozza introduceva la valutazione diagnostico-funzionale (che andava a sostituire gli attuali profilo dinamico funzionale e diagnosi funzionale), adesso, il testo finale, dopo il parere delle Commissioni VII e XII della Camera e VII del Senato parla di un “profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale dell’ICF”, ai fini della formulazione del progetto individuale (di cui all’articolo 14 della legge 8 Novembre 2000 n. 328), nonché per la definizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI).

In verità, c’è un po’ di confusione poiché nel PEI non paiono esserci cenni al sostegno didattico (art .10), mentre i sostegni – incluso quello didattico – sembrano dover essere contenuti nel profilo di funzionamento: quindi a determinare e quantificare le ore di sostegno sarà pare l’unità di valutazione multidisciplinare, oggi sì arricchita di componenti rispetto all’inizio ma comunque non composta dalle persone che effettivamente conoscono il ragazzo e con un assetto prevalentemente medico.

Una  delle novità del testo iniziale del decreto era il fatto che la valutazione dell’inclusione scolastica fosse parte integrante della valutazione della scuola, tramite indicatori che l’Invalsi andrà a definire: ora, con il Decreto definitivo, grazie all’intervento delle principali Associazioni di e per disabili, alla stesura di questi indicatori parteciperà anche l’Osservatorio per l’inclusione scolastica istituito presso il Miur.

Inoltre, apprezziamo tanto gli sforzi delle Commissioni parlamentari e del Governo circa la formazione iniziale universitaria  specifica degli insegnanti per il sostegno della scuola dell’infanzia e primaria, i cui crediti formativi sulla Didattica inclusiva e sulla Pedagogia speciale aumenteranno dagli attuali 60 a 120. Tuttavia, resta il” rebus” della mancata previsione della medesima formazione iniziale specifica per i docenti di sostegno della superiore di I° e II°. Su tale parte del decreto, ritengo che il MIUR debba necessariamente intervenire.

Anche la formazione generalizzata di tutto il personale scolastico sulle singole disabilità stabilita dal decreto n.378 mi pare un po’ lacunosa, in quanto non prevede alcun obbligo di osservarla. A tal proposito, per ovviare a ciò,  il recente “Piano Triennale di Formazione Obbligatorio” per i docenti curricolari e di sostegno in servizio mi sembra un ottimo strumento e una preziosa opportunità da cogliere da parte di tutte le Istituzioni scolastiche.

Valuto molto positivamente anche il mantenimento ad un massimo di 20 alunni per classe in presenza di ragazzi con disabilità da parte del CDM, dopo il parere delle Commissioni  Affari sociali e Cultura della Camera e Istruzione e Beni Culturali del Senato. Infatti, tale disposizione recepisce quanto previsto dagli articoli 4 e 5 del D.P.R. n. 81 del 2009, contrastando il proliferare delle classi “pollaio” tanto deleterie per gli alunni con disabilità. Però, resta il fatto che il Decreto non stabilisce l’inderogabilità del numero di 20 alunni per classe in presenza di disabili, prevedendo che ciò avvenga soltanto in virtù della generica dicitura “di norma”.

Circa la spinosa questione della continuità, mentre la prima bozza di decreto prevedeva un vincolo decennale sul sostegno per gli insegnanti, ora invece, a seguito delle raccomandazioni delle Commissioni, il Governo ha ridotto tale vincolo, nelle more “di superarlo definitivamente al momento di entrata a regime della nuova disciplina della formazione iniziale e del reclutamento degli insegnanti”. I contratti a tempo determinato potranno poi essere reiterati “il più possibile”, in caso di fruttuoso rapporto docente-alunno e con il consenso delle famiglie.

All’articolo 16 dello Schema iniziale di Decreto 378 (continuità didattica) si aggiunge oggi infine che “al fine di garantire la continuità didattica durante l’anno scolastico, si applica l’articolo 462 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994”: almeno per tutto l’anno l’insegnante di sostegno dovrebbe rimanere lo stesso.

A parere di chi scrive, sulla continuità didattica, qualche ombra rimane, e cioè che il neonato Decreto non prevede nulla per contrastare il fatto che più del 40% degli attuali docenti per il sostegno sono supplenti e hanno incarichi precari “in deroga”. Per ovviare bisognerebbe rivedere i criteri degli organici dei docenti specializzati, che dovrebbero poter transitare dal presente organico di fatto a quello di diritto delle scuole e prevedere un serio e strutturale Piano di assunzione attraverso appositi Concorsi.

Infine, in merito alla continuità “negata”, ritengo che le Commissioni parlamentari e l’Esecutivo si siano dimenticati inspiegabilmente della raccomandazione della medesima Buona Scuola che indicava di “vincolare” il docente di sostegno all’intero ciclo d’istruzione dell’alunno con disabilità.

Invece, sono positive le mie considerazioni sulll’altro tema “caldo”  della Delega, e cioè la valutazione degli alunni con disabilità in sede di Esame di Stato. Infatti, l’articolo 12 del D.Lgs. n. 384, sulla valutazione degli alunni con disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento, che aveva creato molte perplessità, viene modificato: per gli alunni con disabilità certificati il consiglio di classe o i docenti contitolari della classe, possono prevedere per lo svolgimento delle prove standardizzate misure compensative o dispensative, adattamenti della prova o l’esonero dalla prova.

All’esame di Stato che conclude il primo ciclo di istruzione, il vecchio testo diceva che le prove differenziate – qui stava la preoccupazione – “se equipollenti a quelle ordinarie, hanno valore ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma finale”, mentre ora, secondo quanto approvato in CDM, “le prove differenziate hanno valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma”.

Infine, il comma 4 dell’art 3 del D.Lgs n. 378 che istituisce l’assistenza igienico-personale degli allievi con disabilità a “carico” dei collaboratori scolastici, non avendo subito modifiche dal CDM, a mio avviso, farà certamente discutere, perché su di esso ancora non c’è chiarezza. Infatti, oggi, solitamente, è il personale specializzato con corsi di formazione da 900 ore ad occuparsi dei bisogni “personali” degli allievi con disabilità, mentre tale supporto da parte dei collaboratori scolastici è facoltativo (tra l’altro con sole 40 ore di formazione ai sensi dell’art 47 del CCNL).

Con l’approvazione definitiva della Delega, dunque, il personale ATA sarà tenuto ad occuparsi oltre che delle tante mansioni quotidiane, anche dell’assistenza igienica degli studenti, con l’obbligo di partecipare ad iniziative formative nell’ambito del Piano Nazionale, ma senza specificarne né le modalità di svolgimento, né il numero di ore.

Come dire che, non solo ci rimetteranno i “collaboratori”, che verranno non adeguatamente formati ed oberati con prestazioni aggiuntive, ma soprattutto, gli alunni con gravi disabilità, che rischieranno di veder penalizzato il servizio di assistenza personale nei loro confronti, con buona pace di un loro proficuo processo di inclusione.

In definitiva, sono stati certamente apprezzabili gli sforzi delle Commissioni di Camera e Senato e dell’Esecutivo che hanno accolto taluni suggerimenti, quali il già citato inserimento dell’associazionismo di riferimento tra gli interlocutori dei processi di inclusione scolastica insieme alle famiglie, o anche quello dell’Osservatorio per l’Inclusione Scolastica tra i soggetti che esprimono parere sulla valutazione della qualità dei servizi delle istituzioni scolastiche; e bene anche il recepimento della nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF)».

E tuttavia, a parere dello scrivente, il Testo definitivo del Decreto del Governo sull’inclusione scolastica è da ritenersi “vecchio” dal punto di vista culturale e pedagogico, in quanto non fa esplicito riferimento all’art 24 della Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità e considera ancora “staticamente” la Didattica inclusiva una prerogativa soltanto degli alunni/studenti con disabilità e non come una preziosa risorsa al servizio dei bisogni educativi di tutti e di ciascuno.

L’attenzione alle “differenze individuali” di ciascun alunno da parte di tutto il “contesto” e non solo del docente di sostegno per le necessità degli allievi disabili: è questa la vera “discriminante” pedagogica, lo spartiacque su cui insistere per transitare definitivamente dalla vecchia dimensione “integrativa” della scuola italiana alla nuova cultura dell’inclusione “for all”.