Berlinguer e le intese con le regioni: chi di spada colpisce…

Le intese siglate dal ministero dell’istruzione con la Regione Lombardia e con la provincia autonoma di Trento per la sperimentazione di taluni aspetti della riforma Moratti continuano a suscitare discussioni e riserve, non tanto per il loro contenuto quanto per la legittimità dell’iniziativa.
Le polemiche hanno due livelli di confronto e di scontro: quello politico e quello giuridico.
In ambito politico la posizione più aspra è quella dell’ex-ministro Berlinguer che non ritiene possibile l’autorizzazione di una sperimentazione di un semplice disegno di legge ancora non approvato nemmeno da una delle Camere.
Il ministero si difende affermando che il regolamento sull’autonomia scolastica (dpr 275/1999) consente proprio la sperimentazione e che per quanto riguarda la provincia di Trento, questa gode di ampi spazi di autonomia riconosciuti dalla legge costituzionale 5/1948.
I giuristi sono in ogni caso perplessi perché il nuovo titolo V della Costituzione ha cambiato rapporti e competenze istituzionali, senza che vi siano ancora chiare linee della sua applicazione e limitazione.
Bisogna tuttavia precisare che in materia di intese regionali per sperimentare riforme vi è un illustre precedente: il 13 giugno 1997 vi fu la sottoscrizione di un protocollo d’intesa proprio tra il ministro dell’istruzione Berlinguer e la Regione Emilia-Romagna (Protocollo d’intesa). La legge sui cicli scolastici era allora una semplice proposta, ma l’intesa previde tra l’altro, citando appunto il documento per il riordino dei cicli scolastici del gennaio 1997, di “sperimentare un autonomo sistema di formazione professionale superiore, distinto da quello universitario e in discontinuità rispetto alla scuola secondaria”.
Come si vede, niente di nuovo sotto il sole. Oggi come allora, il vero problema è quello di rispettare le scelte di libera adesione delle istituzioni scolastiche alla sperimentazione proposta.