Battaglia di cifre sul docente unico tra ministro e sindacati lombardi

Solo 7 delle 21 mila classi previste nelle scuole primarie della Lombardia per il prossimo anno scolastico funzioneranno a 24 ore con il docente unico di riferimento. Lo dicono i sindacati scuola confederali e della Gilda lombardi (Snals escluso) che parlano senza mezzi termini di fallimento del maestro unico. A dire la verità, quelle poche classi a 24 ore vanno riferite a quelle del primo anno che non sono 21 mila (totale delle classi lombarde a tempo normale e a tempo pieno per i cinque anni di corso), ma 2.250 (prime classi a tempo normale), una quantità che, comunque, fissa allo 0,32% la modestissima percentuale di opzione effettuata dalle famiglie per l’orario minimo.

Il ministro Gelmini smentisce i dati sindacali, precisando che in Lombardia le classi che funzioneranno a 24 ore settimanali sono invece 15 (0,67%) e che, comunque, il docente unico riguarda tutte le classi prime non organizzate a tempo pieno.

Proprio per questo la Gelmini attacca duramente il sindacato, affermando che “fa finta di non sapere che il maestro unico riguarda tutti i modelli orari. Tempo pieno compreso...”.

Secondo il sindacato il fallimento dell’operazione “maestro unico” sarebbe data dal mancato raggiungimento del 20-30% di quel tipo di scelta da parte delle famiglie. Per la Gelmini la scelta, pari al 4%, corrisponde alle previsioni e accusa, anche per questo, il sindacato di falsità.        

Sul fatto che anche nel tempo pieno vi sia il docente unico, come afferma il ministro, è un azzardo interpretativo che i consiglieri ministeriali non hanno forse ben calcolato, visto che un simile principio organizzativo non è previsto nel regolamento di riordino del primo ciclo e nemmeno nella circolare sugli organici.

Le critiche sindacali si sono estese anche al tempo pieno e, in particolare, alla sua qualità, visto che, pur essendo confermato il suo orario a 40 ore settimanali, viene privato delle ore di compresenza.

Anche a questa accusa sindacale il ministro risponde, dati alla mano, dichiarando un aumento di 30 mila iscritti alle classi di tempo pieno di tutta Italia, a cui il taglio di compresenze è servito a ridurre gli sprechi, senza penalizzazioni sul piano educativo.