Autonomia delle scuole: la riforma la riduce o no?

La riforma Moratti rafforza o rischia di restringere l’autonomia delle scuole?
All’interno del testo della legge delega per la riforma del sistema di istruzione e di formazione, l’autonomia delle istituzioni scolastiche è richiamata per ben cinque volte, affermandone solennemente la coerenza, la competenza, la valorizzazione e il rispetto.
La volontà del legislatore e, quindi, dell’attuale maggioranza di Governo, è molto chiara.
L’autonomia è un valore (costituzionalmente riconosciuto) di cui la stessa riforma intende avvalersi. In teoria, almeno.
Nei fatti le cose potrebbero andare diversamente, soprattutto a cominciare dalle norme di attuazione che il MIUR si prepara a varare.
Già in occasione della sperimentazione delle 251 istituzioni scolastiche – che stanno provando la nuova scuola dell’infanzia e la prima classe della nuova scuola primaria – emerse il problema dell’orario in presenza del docente tutor-coordinatore: da 18 a 21 ore nella stessa classe.
La proposta, vincolante, di questo orario di servizio sembra sia confermata anche nello schema di decreto legislativo che il Miur si prepara a portare in Consiglio dei Ministri.
La domanda che emerge dal mondo della scuola è: visto che quell’orario serve a sostenere la nuova funzione di docente tutor-referente-coordinatore, perché non limitarsi ad affermare nel decreto che quella funzione deve essere comunque attuata, lasciando tuttavia a ciascuna istituzione scolastica, nella propria autonomia, il potere di decidere modalità e tempi di attuazione, senza vincoli quantitativi predefiniti dal centro? La nuova funzione docente non può essere garantita anche da 15 o 16 ore in presenza? Se no, in cosa l’autonomia può valere?