Atto di indirizzo: gli abbandoni spina nel fianco del sistema
Nell’atto di indirizzo definito dal ministro Bianchi per il 2022 viene dedicato ampio spazio al ‘Contrasto alla dispersione scolastica, riduzione della povertà educativa e dei divari territoriali’.
“Il tasso di dispersione scolastica degli studenti italiani, nonostante il trend decrescente registrato negli ultimi anni, continua ad attestarsi al di sopra della media europea (2019) pari al 10,2% e ad essere connotato da significative disomogeneità a livello territoriale”.
Rispetto all’Atto di indirizzo definito per il 2021 dalla ministra Azzolina che aveva dato la precedenza assoluta a questo obiettivo, senza tuttavia quantificarne termini temporali e quantità per il conseguimento della riduzione degli abbandoni, invece nell’atto di indirizzo di Bianchi viene previsto che “Il piano si propone di conseguire l’obiettivo di medio-lungo termine della riduzione del tasso di abbandono scolastico, per raggiungere nel 2026, il target del 10,2%”.
Il tasso di dispersione di cui trattasi è relativo al fenomeno misurato da Eurostat della quota di 18-24enni che possiedono un titolo di scuola secondaria inferiore e sono fuori dal sistema di istruzione e formazione.
L’obiettivo fissato è del 10%, ma l’Italia nel 2019 risultava ferma al 13,4%, pari ad oltre mezzo milione di giovani.
I divari territoriali rispetto al fenomeno dell’abbandono scolastico sono molto ampi e persistenti; in particolare nel 2020 l’abbandono degli studi prima del completamento del sistema secondario superiore o della formazione professionale è stato del 16,3% nel Mezzogiorno (Sud e Isole), 11,0% nel Nord e 11,5% nel Centro.
Gli squilibri regionali appaiono marcati: diverse regioni, secondo Eurostat hanno valori inferiori al 10% mentre Sicilia, Campania, Calabria e Puglia hanno le maggiori incidenze di abbandoni (19,4%, 17,3%, 16,6% e 15,6% rispettivamente).
Nel 2019 la media UE dei giovani 18-24enni che non avevano conseguito il diploma era del 10,2% con la maggior parte dei Paesi sotto quel valore percentuale e con l’Italia sopra la media UE con la sesta peggiore percentuale tra tutti i Paesi.
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