Atto di indirizzo: il precariato convitato di pietra

L’atto di indirizzo con il quale il ministro Bianchi intende conformare la sua linea politica per il 2022 è sostanzialmente curvato, com’era prevedibile, soprattutto sul PNRR. Anche per questa ragione si discosta dall’atto di indirizzo del suo predecessore, Lucia Azzolina, anche se, comunque, sono numerosi gli obiettivi in comune. In entrambi gli atti di indirizzo c’è, tuttavia, un convitato di pietra: il precariato.

A dire il vero, nell’atto di indirizzo dell’Azzolina l’argomento viene toccato di sfuggita, prevedendo interventi finalizzati a ridurre il precariato, “mediante l’introduzione di un sistema di reclutamento meritocratico, ordinario”.

Invece nell’atto di indirizzo del ministro Bianchi la questione non viene trattata, se non in modo molto indiretto, solamente quando nel macro-obiettivo 4 si parla di reclutamento.

Eppure, ormai da anni il precariato del personale scolastico, elemento pesantemente critico del nostro sistema di istruzione, condiziona la stabilità del sistema stesso e pregiudica spesso la qualità dell’offerta formativa, compromettendo in particolare la continuità didattica.

Quasi certamente in questo anno scolastico ancora una volta siederanno in cattedra (non certamente dal primo giorno di lezione come aveva annunciato il ministro Bianchi) decine di migliaia di insegnanti con contratto a tempo determinato per una quantità complessiva intorno al 25%.

Se siede in cattedra un docente su quattro non stabile e quasi sempre diverso da quello dell’anno precedente, come si può parlare di stabilità del sistema e garanzia della qualità dell’offerta formativa?

Il precariato, male endemico strutturale del nostro sistema scolastico, non è certamente nelle responsabilità dell’attuale ministro dell’Istruzione (e nemmeno dell’ex-ministra Azzolina), ma non prevederne esplicitamente un piano organico di intervento tra gli obiettivi prioritari dell’atto di indirizzo suona quasi come rassegnazione ad una convivenza ritenuta fisiologica, ma che fisiologica non è.  

In mancanza (o in attesa) di un piano per la stabilizzazione del personale docente, si potrebbe tentare di contenere gli effetti della discontinuità didattica, prevedendo, ad esempio, incarichi triennali anziché (o in aggiunta a) supplenze annuali, come era avvenuto negli anni ’70.   

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