Alternanza scuola-lavoro: e se fosse strutturale come negli Istituti professionali?

L’art. 4 del disegno di legge Moratti, dedicato all’alternanza scuola-lavoro era stato inizialmente accolto da un coro di consensi: le nuove modalità di apprendimento, fondate sull’efficacia formativa di esperienze di lavoro progettate e valutate dalla scuola in collaborazione con le imprese piacevano agli ambienti confindustriali.
Al punto che qualcuno si era spinto persino a parlarne come di un “terzo canale” di pari dignità e consistenza rispetto a quello liceale e a quello professionale.
I sindacati, tuttavia, insospettiti fra l’altro dal fatto che il ddl parla solo del coinvolgimento consultivo dei “datori di lavoro” (e non, come da lunga consuetudine, delle “parti sociali”), temono che la norma possa essere interpretata in senso riduttivo: a fruire di questo canale formativo alternativo all’aula scolastica finirebbero per essere soltanto le componenti più deboli della popolazione scolastica, i drop-out della fascia 15-18 anni, “regalati” a datori di lavoro desiderosi di risparmiare anche i pur contenuti costi dell’assunzione di apprendisti.
Anche in Confindustria, dopo i primi entusiasmi, prende corpo il sospetto che di fatto la norma si riveli ingestibile (se non nella forma “debole” degli stage), almeno sul versante liceale. E d’altra parte non è facile, nemmeno sul versante dei percorsi professionali, progettare una modalità di apprendimento ‘on the job’ che sostituisca importanti componenti dei piani di studio dando i medesimi risultati.
Forse si potrebbe pensare a soluzioni nelle quali l’esperienza di lavoro rientri organicamente nei piani di studio, nelle quali l’alternanza scuola-lavoro sia strutturale, e non eventuale. Un modello di riferimento peraltro ci sarebbe: è quello degli attuali istituti professionali di Stato: la “terza area” dei corsi post-qualifica (circa 600 ore di esperienze professionali nei due anni, comprensive di stage), potrebbe essere mantenuta e ulteriormente sviluppata nei percorsi professionali di competenza delle Regioni.