Allievi valutati a campione anche nel Regno Unito?

Aveva suscitato polemiche, qualche mese fa, la decisione del ministro Fioroni di abbandonare i test di apprendimento estesi a tutti gli allievi di determinate classi per sostituirli sempre con test, ma rivolti a campioni di studenti: gruppi di ridotte dimensioni, ma selezionati con criteri scientifici, quindi meglio controllabili e più affidabili.
C’era chi contrapponeva a questa scelta l’esempio di altri Paesi, come il Regno Unito, dove i test di apprendimento sono non solo generalizzati, ma anche resi ampiamente pubblici nel loro esito. Una misura fortemente voluta a suo tempo da Margaret Thatcher, in nome della trasparenza e del diritto delle famiglie a valutare comparativamente la qualità delle scuole anche attraverso l’andamento dei risultati scolastici degli allievi.
Ora sembra che anche gli inglesi stiano cambiando idea. La più importante autorità indipendente in materia di esami, la “Qualifications and Curriculum Authority” (QCA), avanza l’ipotesi che al posto delle tradizionali prove generalizzate si svolgano test annuali su campioni del 3% degli allievi interessati. Il Ministero dell’educazione (DfES) per ora non intende rinunciare ai test generalizzati, che considera tuttora motivanti per gli allievi e utili per le famiglie, ma sta studiando modalità di valutazione più flessibili e personalizzate.
La scorsa settimana Alan Johnson, ministro dell’Educazione, ha annunciato il varo di un progetto pilota, da sperimentare in 10 distretti, che prevede una forte individualizzazione della didattica per gli allievi da 7 a 14 anni, e la possibilità per essi di affrontare i test nazionali non a data fissa, ma nel momento in cui saranno preparati per sostenerli. Ciò consentirebbe di innalzare gli standard, abbreviare i tempi della formazione e sviluppare al meglio le potenzialità di ciascun allievo.