Alla periferia del sistema si spende di più

Si potrebbe chiamare effetto “Bassanini” (il ministro ulivista delle riforme istituzionali) oppure effetto “decentramento”, ma un dato è certo: dal 1996 è aumentata di oltre il 3 per cento l’incidenza della spesa pubblica decentrata per l’istruzione in Italia (Regioni, Enti locali).
Se, infatti, fino al 1995 circa l’81 per cento dei costi per l’istruzione era a carico dello Stato e il restante 19 per cento a carico degli enti territoriali, dalla seconda metà degli anni ’90 il peso di spesa si è spostato progressivamente in periferia, al punto che nel 2000 il 22,5 per cento circa degli oneri è stato sostenuto da Regioni ed Enti locali (con punte anche maggiori al nord).
È quanto risulta da uno studio del MIUR, Ufficio statistica, sull’andamento della spesa per l’istruzione nel decennio 1991-2000 (Andamento della spesa pubblica per l’istruzione nel decennio 1991-2000).
Spostamento di spesa significa (o dovrebbe significare) anche spostamento di responsabilità e di poteri dal centro alla periferia del sistema. La tendenza costante di decentramento della spesa dell’istruzione è comunque un indicatore del cambiamento istituzionale in atto che, dopo la riforma del titolo V della costituzione dell’anno scorso, non potrà che rafforzarsi, considerato il peso che le competenze concorrenti delle Regioni avranno nel sistema di istruzione e di formazione.
Una complicazione in più per il ministro Moratti che, nella definizione del piano programmatico degli interventi finanziari per l’attuazione della riforma (art. 1 comma 3 del disegno di legge delega) da definire entro 90 giorni (autunno prossimo?), dovrà concordare con il sistema regionale non solo le competenze concorrenti ma anche le risorse finanziarie da assegnare al territorio.