A chi interessa la riforma?

Forse non se l’aspettava nessuno questo rinvio di approvazione per mancanza del numero legale al voto finale in Senato.
In aula il rinvio del voto c’è stato tre, quattro, cinque volte, poi ci si è arresi di fronte alla evidenza che i senatori, soprattutto della maggioranza, avevano ben altro da fare o a cui pensare, anziché curare quella che dovrebbe essere la prima rilevante riforma di questo Governo.
L’ostruzionismo dell’opposizione, virtualmente temuto, questa volta l’ha fatto, più o meno involontariamente, la maggioranza.
Presunzione e forza dei numeri? Disaffezione e noncuranza? Segnale politico di avvertimento e dissociazione di gruppi minori della coalizione di maggioranza?
Comunque la si veda, è stato un clamoroso autogol che non depone a favore del prosieguo della riforma nelle sue prossime impegnative tappe di attuazione.
Si può scommettere fin d’ora che all’interno della maggioranza qualcuno alzerà il prezzo del consenso per la definizione dei decreti legislativi di attuazione.
I numerosi ordini del giorno votati alla Camera sono già stati il segno inequivocabile del “mal di pancia” di tanti deputati che hanno dovuto a malincuore dire di sì alla legge.
Ma l’assenza di senatori al voto potrebbe avere anche un’altra spiegazione, meno nobile.
Anche la settimana precedente il numero legale era più volte mancato per l’approvazione della legge di conversione di una importante direttiva europea, tanto da far dire al senatore Andreotti, dispiaciuto di aver rinunciato per questo alla partecipazione ai funerali di Alberto Sordi, che questo Senato che cronicamente non è in grado di garantire il numero legale al momento del voto, sarebbe meglio che venisse sciolto dal Presidente della Repubblica.