Effetto decentramento: più poteri alle Regioni e meno soldi alle scuole?

L’analisi dell’andamento della spesa pubblica per settore riserva dunque alcune sorprese. Le amministrazioni locali per effetto soprattutto della legge Bassanini (n. 59/1997), con la quale si amplia il decentramento amministrativo e si trasferiscono funzioni dallo Stato centrale agli enti territoriali, vedono incrementare notevolmente le risorse a disposizione (da 100 miliardi di euro del 90 ai 217 del 2005, +117%, con un’accelerazione dal ’97 in avanti).
Ma come le spendono? Quasi la metà nella sanità (44% nel 2005); affari economici e servizi generali assorbono insieme un altro 31%. All’istruzione resta il 7,9%, che indica un sensibile ridimensionamento nelle scelte di investimento di Regioni, Province e comuni, che nel ‘94 dedicavano a scuola e sistema formativo l’11,6% delle risorse a disposizione. Insomma le risorse drenate soprattutto dalla sanità (dal ’90 al 2005 la spesa degli enti territoriali per il sistema sanitario è aumentata del 123%, 6 punti sopra la media) hanno impoverito la scuola (la cui spesa è cresciuta del 96%, quindi 21 punti sotto la media). E i fondi degli enti territoriali rappresentano circa un quarto del bilancio complessivo dell’istruzione.
Gli enti locali, dunque, per scelta propria o per mancato trasferimento di fondi dello Stato, hanno investito sempre meno sull’istruzione, che non sembra essere tra le loro priorità.
Un segnale preoccupante, che deve destare attenzione negli amministratori locali in vista del nuovo contesto previsto dal Titolo V della Costituzione, che trasferisce alle autonomie locali poteri e responsabilità crescenti nel campo dell’istruzione. Ovviamente al trasferimento di competenze dovrà accompagnarsi il trasferimento di nuove risorse finanziarie, ma poi le scelte delle amministrazioni locali dovranno dimostrare un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni.
Colpisce in particolare che prima della riforma Bassanini le amministrazioni locali spendessero in istruzione l’11,1% delle proprie risorse (1996) e abbiano poi costantemente ridotto il proprio impegno nel settore fino al 7,9% del 2005 (un’incidenza inferiore di quasi il 30%). Nello stesso periodo lo Stato centrale ha solo parzialmente compensato aumentando il proprio impegno dall’8,5% della spesa pubblica gestita dalle amministrazioni centrali del ’96 al 10,1 del 2005. L’effetto complessivo è che l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa pubblica complessiva è passata dal 9,2 del ’96 al 9,7% del 2005, ancora lontana dal 10,3% del 1990.