Regioni all’attacco/1. La Moratti ritiri il decreto

Prima il ritiro, poi il dialogo“. La drastica presa di posizione degli assessori regionali all’istruzione e formazione è rilanciata con clamore dall’ANSA, che riporta una dichiarazione in proposito dell’assessore all’istruzione della regione Friuli-Venezia Giulia Roberto Antonaz.
Antonaz (esponente di Rifondazione Comunista), reduce da un incontro con i colleghi di tutta Italia, riferisce che gli assessori regionali hanno espresso “la volontà di riaprire il dialogo sul decreto legislativo“, ma che l’apertura del dialogo è “comunque condizionata dal ritiro dello schema di decreto” e “dalla sua integrale rivisitazione“.
Gli assessori lamentano di non essere stati consultati prima dell’approvazione dello schema di decreto, che interviene su materie a loro avviso rientranti nelle competenze specifiche delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome: lo schema di decreto “non tiene conto del trasferimento di competenze previsto dal decreto legislativo 112 del 1998 e del riformato Titolo V della Costituzione“.
Se la Moratti non ritirerà il decreto, insomma, non solo il dialogo non inizierà, ma le Regioni (quasi tutte, a questo punto, dopo l’esito delle recenti elezioni regionali) attiveranno un forte contenzioso di fronte alla Corte Costituzionale.
Negli ambienti ministeriali si fa presente che il testo del decreto tratta solo materie di carattere ordinamentale (norme generali e livelli essenziali di prestazione), di competenza esclusiva dello Stato, sulle quali è prevista solo l’acquisizione del parere delle Regioni: parere (non vincolante) che deve essere acquisito, come prevede la legge 53/2003, solo dopo l’approvazione in prima lettura dello schema di decreto da parte del Consiglio dei ministri, e non prima. Ma le Regioni non ci stanno, anche perché la stessa legge n. 53 prevede che lo Stato e le Regioni raggiungano una “previa intesa” su molti aspetti della disciplina relativa al sistema di istruzione e formazione. Intesa finora né cercata né raggiunta.
A questo punto si fa concreto il rischio di uno stallo che renderà ancora più difficile il rispetto del termine del 18 ottobre, data di scadenza per l’esercizio della delega da parte del Ministro.