Il no di Blair allEuropa ha ricadute sul sistema formativo italiano
Nubi all’orizzonte per i progetti di educazione degli adulti, i servizi per l’impiego, l’alta formazione, l’inserimento nel mondo del lavoro dei disabili, il sostegno all’occupazione femminile, i progetti per l’imprenditoria giovanile. Settori che rischiano di perdere l’indispensabile supporto dell’Unione Europea. Perché?
A Bruxelles nei giorni scorsi i premier europei avrebbero dovuto decidere la contribuzione al bilancio comunitario da parte dei Paesi aderenti, sulla base della proposta avanzata dalla Commissione europea.
La proposta prevedeva a carico di ciascun Paese un contributo dell’1,24% del reddito nazionale per un ammontare di circa 1.027 miliardi per la cassa comune, di cui circa un terzo (336 miliardi) da destinare ai fondi comunitari.
Con Tony Blair in testa, si è costituito un fronte del no.
Il presidente di turno ha mediato con una controproposta dell’1,06% di contributo a carico di ciascun Paese. Niente da fare e tutto è andato, come abbiamo visto, a gambe all’aria.
Se va bene, si andrà forse all’1% o meno di contributo. Casse semivuote soprattutto per i fondi comunitari, attesi particolarmente in Italia nelle aree meridionali.
A farne le spese saranno appunto i progetti di educazione degli adulti, i servizi per l’impiego, l’alta formazione, l’inserimento nel mondo del lavoro dei disabili, il sostegno all’occupazione femminile, i progetti per l’imprenditoria giovanile.
A preoccuparsi degli effetti rigoristi di Tony Blair – visto anche che il secondo semestre di presidenza spetterà proprio alla Gran Bretagna – sono gli assessori regionali alla formazione, primi in testa quelli delle aree meridionali, che dovranno rivedere radicalmente gli interventi di integrazione e sostegno alle attività formative.
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