
Senza la scuola in presenza compromessa l’alfabetizzazione di base?

Il protrarsi dell’attività didattica a distanza con ridotta presenza a scuola degli alunni, accompagnato anche dalle tante limitazioni indotte dall’emergenza sanitaria, sta diventando quasi ogni giorno oggetto di vignette sagaci e pungenti. La settimana scorsa avevamo commentato una vignetta dal titolo “Tra dieci anni di DaD” che ritraeva una sala operatoria dove al chirurgo che chiedeva “Bisturi!” un assistente rispondeva “Come è fatto?” e un altro tra sé e sé “Cerco su Google”.
Nel commentare la vignetta avevamo rilevato, tra l’altro, che un impiego eccessivo e prolungato della DaD poteva determinare il rischio di gap tra conoscenza e competenza, tra informazione ed esperienza, tra teoria e verifica.
Una nuova vignetta dal titolo “2040” riporta un colloquio tra padre e figlio.
L’attività didattica non svolta in presenza per lungo tempo potrebbe determinare un analfabetismo strumentale nelle competenze di base? Probabilmente sì, ma per il momento il timore sembra eccessivo. Tuttavia, come è avvenuto nel lockdown della primavera scorsa quando anche la scuola primaria era rimasta chiusa, se la DaD dovesse ritornare in emergenza anche per il primo ciclo e per diverso tempo, la strumentazione dell’alfabetizzazione di base potrebbe uscirne compromessa con una parte di “squola” all’angolo.
Ma gli alunni potrebbero correre altri rischi per i tempi prolungati di non presenza a scuola: l’abitudine agli impegni che aiutano a formare il carattere, la relazione con gli altri, la vita di gruppo, le esperienze vissute insieme con cui si formano per la vita.
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