41° Rapporto Censis: la scuola nella poltiglia

Non si può dire che il 41° Rapporto Censis, presentato venerdì scorso a Roma da Giuseppe De Rita, abbia riservato al settore dei processi formativi l’attenzione e lo spazio che ad esso era stato assegnato in precedenti occasioni.
Eppure la chiave interpretativa dei fenomeni emergenti nella società italiana utilizzata quest’anno dal Censis – la contrapposizione tra una maggioranza delusa e inerte e una minoranza fiduciosa e dinamica – potrebbe in buona misura applicarsi anche al mondo della scuola, che dopo decenni di riforme mancate o fallite si è come ripiegato su se stesso, ed esce dalla poltiglia di un rassegnato galleggiamento solo per l’iniziativa di una minoranza di insegnanti e dirigenti scolastici.
Ma come dare spazio e fiducia a queste minoranze attive nel mondo della scuola? Come riconoscerle, e come supportarne l’iniziativa? Il Censis non offre risposte a questi interrogativi, almeno nelle considerazioni generali, che prendono in considerazione l’economia e le imprese assai più che un’istituzione come la scuola.
Tuttavia, per analogia e in coerenza con lo schema interpretativo generale offerto dal Censis quest’anno, condivisibile per molti aspetti, si potrebbe dedurre che per uscire dalla poltiglia la scuola italiana dovrebbe poter individuare e valorizzare i suoi insegnanti migliori (che sono una minoranza attiva), quelli a più elevata preparazione e competenza, costruendo per essi una vera carriera professionale, come si fa quasi dappertutto nel mondo.
Ma ancor più, si dovrebbero creare le condizioni per un miglioramento della qualità professionale di tutti i docenti. Cioè severità nel reclutamento e aggiornamento continuo.