10 anni di precariato confermano una patologia stabile

Se si confrontano i dati di organico di fatto del 2000-01 con quelli del 2009-10 (gli ultimi pubblicati dal Miur) si può rilevare che nel corso di un decennio il precariato docenti è rimasto sostanzialmente stabile: un aspetto patologico duro a morire.

Tra docenti con contratto annuale o fino al termine delle attività erano 117.685 i precari nel 2000-01; dieci anni dopo sono risultati 116.973, con un calo soltanto di 712 unità (circa mezzo punto in percentuale in meno).

Mentre il numero complessivo è rimasto sostanzialmente stabile, vi sono state, tuttavia, variazioni interne  non da poco tra i settori scolastici e tra i territori.

La scuola dell’infanzia ha registrato un calo dell’1% del numero di docenti precari, mentre la scuola primaria, al contrario, ha avuto un aumento di quasi il 7%.

È andata peggio per la scuola secondaria di I grado che ha registrato dopo un decennio un incremento della precarietà che ha sfiorato il 12% (11,7%), mentre il numero di professori precari della secondaria superiore ha avuto una flessione del 10%.

Le variazioni più significative si sono, tuttavia, registrate nei territori con un andamento fortemente contrapposto tra centro-nord e mezzogiorno. Vi sono state regioni come la Toscana dove, a distanza di dieci anni, si sono registrati quasi 3mila precari in più, con un incremento pari al 51,7%, e l’Emilia-Romagna dove l’aumento ha superato complessivamente le 3.500 unità, con un incremento del 46,3%.

Per contro, nelle regioni del Mezzogiorno il numero di docenti precari, dieci anni dopo, è risultato inferiore di oltre 13 mila unità, facendo segnare percentuali significative di decremento in Sardegna (-40,4%),  in Basilicata (-43,1%), in Campania (-35,1%), in Sicilia (-33,7%).

Il precariato, insomma, ha cambiato casa ma è rimasto come patologia del sistema.