Scuola: fuori i vaccini, dentro la droga

di Enzo Martinelli*

Un recente studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha evidenziato come l’uso della droga tra gli studenti sia ormai un dato di fatto rilevante e perciò preoccupante. L’indagine ha accertato che, in un mese dell’anno 2016 preso a campione, il 18% dei maschi e l’11% delle femmine ha usato marijuana. Il 28% degli studenti ha riferito di aver utilizzato una sostanza illecita almeno una volta nella vita. Nell’anno scolastico 2015/2016 gli adolescenti che hanno consumato cannabis sono 600 mila; 60 mila hanno preferito la cocaina; 27 mila invece l’eroina ed altri 60 mila allucinogeni e stimolanti vari. Infine circa 54 mila studenti hanno assunto sostanze psicotrope senza avere la percezione esatta della specie di prodotti che consumavano. Con i tanti utenti e le tante sostanze in circolazione è ovvio che le scuole siano diventate idonee piazze di traffico, smercio ed uso.

Negli stessi giorni in cui i media diffondevano le notizie sopra riferite, scendevano in campo i contestatori delle vaccinazioni obbligatorie. A seguito degli 844 nuovi casi di morbillo registrati in Italia nel 2016 e delle reiterate apprensioni registrate in Toscana per i diffusi casi, anche letali, di meningite, il mondo politico è stato costretto ad interrogarsi su come fronteggiare l’emergenza per la tutela della salute pubblica, in particolare nelle aule scolastiche. I legislatori in buona sostanza intendono rendere obbligatorie alcune vaccinazioni finora ritenute facoltative per fronteggiare le pericolose malattie emergenti o riemergenti. Linea politica che viene ritenuta da una significativa schiera di soggetti non persuasiva. Gli oppositori ritengono le vaccinazioni addirittura dannose rispetto al presunto rimedio che giuridicamente si pone in essere. Da qui le contestazioni plateali affinché le vaccinazioni degli alunni non diventino indispensabili per entrare a scuola.

La scuola, cioè il luogo dove gli alunni trascorrono gran parte della loro esistenza, è dunque l’elemento che accomuna vaccini e droga, vicende sulle quali è utile fare qualche breve riflessione.

Per quanto riguarda la droga, la vera peste dei nostri tempi, il sistema scolastico ha ingaggiato battaglie da oltre mezzo secolo, ma insieme alle altre istituzioni pubbliche ha perso la guerra. “Contro la diffusione di sostanze stupefacenti” il Ministero della P.I., a suo tempo, creò uffici e servizi a livello centrale e periferico. Padre Eligio Gelmini, il fondatore di Mondo X, amico di Nereo Rocco e Gianni Rivera e gestore di molti centri riabilitativi, accusò il Ministro pro tempore di fare un regalo agli spacciatori parlando a scuola di droga ai ragazzi. “Parlarne – diceva il frate – significa far propaganda”. Per queste affermazioni fu perfino perseguito dalla Procura di Montepulciano. Ma forse aveva ragione. Sta di fatto che il Ministero cambiò nome agli uffici e modificò la strategia educativa. Anziché illustrare agli studenti le diverse sostanze stupefacenti, segnalare i pericoli derivanti dall’uso di prodotti psicotropi ed informarli sulle misure di repressione attivate dallo Stato, la scuola si impegnò su politiche di prevenzione cercando di costruire negli alunni personalità e consapevolezze che li allontanassero dai bisogni effimeri delle droghe. Insomma dall’informazione e dalla repressione, alla riflessione ed alla prevenzione. Corretti gli indirizzi pedagogici e le relative azioni di sostegno, il quadro sostanziale purtroppo non è cambiato. Com’è andata a finire è purtroppo sotto gli occhi di tutti; un epilogo emblematico è avvenuto in un istituto superiore di Roma dove studenti e genitori hanno contestato i poliziotti intenti a scovare drogati e spacciatori nella loro scuola. Ma sarebbe ingiusto addebitare alla scuola gli insuccessi ed allo stesso tempo proclamare che ormai l’asse culturale del Paese si è spostato fuori di essa.

La medesima conclusione del discorso vale per i vaccini. Qualche decennio addietro prevenire alcune malattie era una richiesta forte delle famiglie che tranquillamente sottoponevano i propri figli alle vaccinazioni obbligatorie. Quelle facoltative, spesso costose, erano riservate ai ceti più istruiti e facoltosi. Ora che tutte le vaccinazioni sono diventate gratuite proprio i genitori “evoluti” le contestano, con ricorsi, cause, campagne di mobilitazione. Il conflitto si pone fra istituzioni tutrici della salute pubblica, che cercano di imporre la preventiva vaccinazione per contrastare la diffusione di epidemie soprattutto nelle aule dove l’eventuale contagio è potenzialmente più pericoloso e le famiglie “colte” che, avvalendosi di supposti pareri tecnici, contestano le risultanze scientifiche ed epidemiologiche fin qui acquisite sulla bontà delle vaccinazioni. Chi si oppone ritiene non definitive e quindi inadeguate le comunicazioni delle aziende produttrici dei vaccini considerati non idonei a garantire la loro assoluta efficacia; talvolta sospettano addirittura che i vaccini siano nocivi per la salute dei bambini. Due posizioni che sul piano giuridico sembrano coperte da norme costituzionali: la tutela della salute pubblica da parte della Repubblica; il diritto di curare ed educare la prole da parte dei genitori. Tra l’interesse pubblico e l’egoismo individuale dovrebbe prevalere “il bene comune”.

Dunque in tempi in cui aumenta il numero di famiglie povere e la quota di pazienti che non si curano a causa dei costi delle prestazioni mediche e farmaceutiche, cresce anche il numero di coloro che diffidano delle gratuite vaccinazioni e delle risultanze scientifiche. Davanti a questa situazione come si sono mossi i gestori della vita comunitaria? Ne abbiamo parlato nel numero di giugno di Tuttoscuola. 

Clicca qui e sfoglia il numero di giugno di Tuttoscuola per leggere l’articolo integrale

Clicca qui e abbonati a Tuttoscuola scegliendo la formula che più fa per te