Referendum: su che cosa siamo stati chiamati a votare il 4 dicembre

La riforma su cui dovremmo esprimerci al referendum del 4 dicembre è indubbiamente complessa. Il principale motivo di tale complessità è che il suo asse portante è il superamento dell’attuale sistema bicamerale il quale porta con sé una serie di modifiche inevitabili che riguardano:

– l’attuale modalità di fare le leggi;
– il rapporto di fiducia Parlamento-Governo;
– i rapporti Stato-Regioni;
– le forme di partecipazione popolare a compensazione della trasformazione del Senato in Camera non eletta direttamente dai cittadini. Per inciso l’alternativa non percorsa è il monocameralismo (abolizione totale del Senato) che è un sistema poco diffuso perché ha almeno un difetto rilevante: priva il sistema di una Camera di riflessione.

Come si supererebbe il bicameralismo paritario – La Camera dei deputati (che rimarrebbe composta di 630 deputati) essendo delle due la sola che verrebbe eletta direttamente dai cittadini diventerebbe la Camera “prevalente”:

– acquisterebbe la titolarità generale della formazione delle leggi;
– conferirebbe e revocherebbe la fiducia al Governo.

Referendum 4 dicembre: se vincesse il sì – Il Senato (il cui numero scenderebbe da 315 a 100) diventerebbe camera di rappresentanza dei territori, eletta in via indiretta in sede regionale tra sindaci e consiglieri regionali. Come? Dovra’ esserci una legge quadro del nuovo Parlamento e poi ogni Regione con propria legge dovrà approvare una nuova legge elettorale del Consiglio regionale in cui si dovranno prevedere norme per la scelta dei senatori. Il Senato diventerebbe un organo permanente: i senatori scadrebbero con la loro scadenza da consiglieri o Sindaci. Quali sarebbero le funzioni?

– partecipazione in taluni casi alla formazione delle leggi;
– valutazione delle politiche pubbliche;
– monitoraggio dell’attuazione delle leggi;
– pareri sulle nomine del Governo.

A fronte della perdita di elettività del Senato vengono potenziati alcuni strumenti di democrazia diretta: il referendum; le proposte di legge popolare.
 
Cosa deriverebbe in termini di formazione delle leggi? – Oggi tutte le leggi sono bicamerali, perché appunto il bicameralismo è paritario, le Camere fanno le stesse cose. Con la riforma che siamo chiamati a votare al referendum del 4 dicembre, non essendoci più bicameralismo paritario, una Camera assumerebbe la priorità nel fare le leggi, senza però poter escludere completamente l’altra e dunque non avremmo più un unico modo di fare le leggi: quasi tutte sarebbero approvate dalla Camera, ma il Senato potrebbe chiedere entro 10 giorni di fare proposte di modifica su cui però deciderebbe in via definitiva la Camera entro 30 giorni. Le leggi di Bilancio e Stabilità sarebbero deliberate dalla Camera ma andrebbero obbligatoriamente al parere del Senato che dovrebbe esprimersi in 15 giorni, ma sarebbe comunque la Camera ad approvarle in via definitiva. Alcune leggi rimarrebbero bicamerali (stesso procedimento di oggi) o perché di diretto interesse delle Regioni e degli enti locali (leggi sugli enti locali, sull’attuazione del diritto comunitario) o perché assai rilevanti (le leggi costituzionali e la modifica della Costituzione). Per comprendere la semplificazione che ne deriverebbe
ecco alcuni dati. Tempi di approvazione delle leggi (XVII Legislatura in corso):
 
– Leggi ordinarie approvate sino al 15 settembre: 55;
– Media giorni dalla presentazione all’approvazione: 563;
– Senato: ha impiegato in media 360 giorni per la prima lettura e 226 per la seconda lettura. Con la riforma il Senato sarebbe obbligato a deliberare in 40 giorni.
 
Quali conseguenze sul rapporto tra Camere e Governo? – Il fatto che la sola Camera è eletta direttamente dai cittadini comporterebbe che solo questa accorderebbe e revocherebbe la fiducia al Governo. Il Senato avrebbe, comunque, rapporti con il Governo, ma non quello di fiducia. In compenso nemmeno potrebbe essere sciolto in caso di crisi perché è un organo permanente. Altra conseguenza è che per l’attuazione del programma politico il Governo potrebbe chiedere alla sola Camera dei deputati e per le leggi monocamerali una corsia preferenziale con voto a scadenza predeterminata (70-85 giorni). Lo scopo qui è quello di consentire al Governo di attuare il suo programma politico senza ricorrere ai decreti legge ed infatti correlativamente si limita drasticamente la possibilità di adottare decreti legge.
 
Rapporti Stato – Regioni – L’art. 117 viene completamente riscritto attraverso la riattribuzione allo Stato di molte competenze che nel 2001 erano state trasferite alle Regioni. A parte il giudizio, condivisibile o meno sull’operato delle Regioni in questi anni, la logica della riforma pare quella di:
 
togliere poteri legislativi alle Regioni, anche in considerazione del fatto che la legislazione regionale costituisce un terzo livello di produzione legislativa, oltre a quella comunitaria e statale;
– consentire però loro di partecipare, attraverso il Senato, alla legislazione statale che le riguarda direttamente.
– consentire una differenziazione tra Regioni: chi se la sente o ha le possibilità di farlo potrà chiedere più competenze sia legislative che amministrative.
 
In altri termini: partecipazione alle scelte statali al posto di competenze proprie. Ritornerebbero alla legislazione dello Stato:

– le professioni e le comunicazioni;
– disposizioni generali e comuni sul governo del territorio e sul coordinamento della protezione civile;
– produzione, trasporto e distribuzione dell’energia;
– infrastrutture strategiche, grandi reti di comunicazione, porti e aereoporti civili (di interesse nazionale). A cui si aggiungerebbe: sport e disposizioni generali in materia di attività culturali e turismo. Per l’ambiente e i beni culturali aggiunta la valorizzazione alla tutela (sempre stata statale). Rimarrebbero di competenza delle Regioni:

– pianificazione del territorio regionale;
– programmazione dei servizi sanitari e sociali;
– promozione dello sviluppo economico locale;
– diritto allo studio;
– promozione e valorizzazione dei beni culturali e del turismo;
– intese con gli enti locali per il rispetto dei vincoli alla finanza pubblica.
 
Il testo di riforma su cui dovremmo esprimerci con il referendum del 4 dicembre, in conclusione, è un testo organico perché tutti gli aspetti che tocca sono inevitabilmente connessi tra di loro e difficilmente separabili: questo spiega la sua complessità e il fatto che riguarda molte norme costituzionali. 
 
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