Costo standard. Un concetto di non facile definizione tra vantaggi e rischi

Quella del costo standard potrebbe diventare la nuova cometa che periodicamente solca i cieli dell’universo scolastico italiano: ogni 15-20 anni ne compare una, con il fascino della novità, poi progressivamente la luce si attenua e compare un’altra cometa, o idea guida o parola d’ordine.

È stato così, negli anni settanta-ottanta dello scorso secolo per l’idea forza di partecipazione, seguita poi da quella di autonomia. Ora potrebbe essere il momento del costo standard, inteso come parametro di riferimento per il finanziamento dell’offerta pubblica di istruzione nel suo insieme, costituito dalle scuole statali e da quelle paritarie.

Se ne è discusso sabato scorso in un affollato convegno promosso a Milano, nella sede della Provincia, per iniziativa della deputata Elena Centemero, responsabile scuola e università di Forza Italia, da tempo impegnata su questa tematica con l’obiettivo prioritario di favorire la maggiore efficacia ed efficienza di tutte le istituzioni scolastiche che deriverebbe dalla loro libera competizione sulla qualità dell’offerta, a parità di risorse.

Centemero è impegnata su questo fronte a livello nazionale, in Parlamento, ma non è casuale che abbia scelto la Lombardia per questo convegno. In questa regione, come ha osservato Valentina Aprea, ora assessore regionale all’istruzione (ma in passato suo predecessore come responsabile scuola di Forza Italia), “c’è apertura verso il pluralismo educativo”. Aprea, intervenuta anche in rappresentanza del presidente della Regione Maroni, ha sostenuto che “le risorse devono seguire le scelte delle famiglie, quindi gli alunni, non il contrario” come ora avviene.

Sul dibattito politico torniamo nella news successiva. La prima parte del convegno si è incentrata invece sugli aspetti concettuali e tecnici della nozione di Costo Standard (CS). Dalla relazione svolta da Marco Grumo, docente di economia aziendale all’Università Cattolica, si è ben compreso che l’applicazione del CS (definito come “costo ipotetico calcolato sotto precisi assunti di efficacia, efficienza e qualità dei processi”, da non confondere con costo medio o a consuntivo) potrebbe portare grandi benefici a tutto il sistema se ben gestita, ma anche grandi guasti e inefficienze se il management (leggi presidi) non fosse all’altezza del compito.

Più orientata alla necessità di dare risposte urgenti anche ai problemi finanziari delle scuole paritarie, ora in gravi difficoltà, la relazione svolta da Anna Monia Alfieri, docente presso la scuola ALTIS dell’Università Cattolica ma anche gestore di scuole paritarie. L’adozione del CS, a suo giudizio, aiuterebbe tutte le scuole, a partire da quelle statali, a gestire meglio le risorse, manderebbe fuori mercato le scuole, anche paritarie, inefficienti, e costerebbe meno allo Stato. Alfieri insiste per tempi rapidi e fa presente che la proposta di adottare subito il CS, avanzata a soli cinque giorni dalla fine della consultazione online, ha ricevuto molti consensi (1.700), piazzandosi al secondo posto nella classifica delle proposte più condivise.