Il 2016 della scuola, dall’H alla P

Homeschooling
Il tema della homeschooling (educazione parentale) lanciato da “Tuttoscuola” nel 2004 a Genova, nell’ambito della fiera ABCD (2015, fine della scuola?),  torna di attualità, e viene ripreso ampiamente (anche nei contenuti) da un settimanale, che presenta alcuni sviluppi recenti del fenomeno negli Stati Uniti e in altri Paesi. Esistono ormai reti che si estendono a livello mondiale di organizzazioni nazionali che promuovono l’homeschooling. In Italia, finora, il fenomeno non ha avuto alcuna consistenza: c’è qualche raro caso di “educazione paterna” nella fascia della scuola elementare e media, ma nessuna iniziativa organica, in forma organizzata di impresa, come negli Stati Uniti. Segno, nota Sebastiano Bagnara, docente di Psicologia cognitiva al Politecnico di Milano, di un ritardo del nostro Paese sulla strada che porta alla società della conoscenza, caratterizzata dalla crescente mobilità delle persone, delle professioni e delle competenze. La nostra è ancora una scuola tradizionale, “nata per trasmettere conoscenze fisse e certe a persone che dovevano occupare per sempre un posto fisso e certo“.

Intesa per rinnovo contratti
A fine novembre, pochi giorni prima del referendum, il Governo firma con i sindacati confederali l’intesa per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, scaduti da sette anni. L’intesa consente di avviare in ogni comparto pubblico il confronto per rinnovare i contratti di categoria. Oltre a quantificare le risorse finanziarie complessive che saranno erogate nel corso del triennio contrattuale, l’intesa prevede due impegni importanti. Innanzitutto viene previsto il riequilibrio, a favore della contrattazione, tra norme legislative e norme contrattuali relativamente al rapporto di lavoro. Un secondo punto di accordo riguarda la valutazione per valorizzare la professionalità del personale e le sue competenze. L’intesa viene aspramente criticata dalla destra e, in particolare, dall’ex-ministro Brunetta che a suo tempo aveva disposto provvedimenti legislativi di stato giuridico che avevano ridotto le competenze contrattuali. Nel 2017 dovrebbe realizzarsi anche il rinnovo del contratto scuola per quasi un milione di persone. Sarà interessante vedere come quei due principi, in particolare quello sul valutazione dei dipendenti, saranno tradotti in norme contrattuali.

IRC – Insegnamento Religione Cattolica
Ancora una volta l’Italia nelle scuole statali si divide nettamente in due: il Mezzogiorno con tutte le sue regioni fa registrare complessivamente le più alte percentuali di alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica, mentre tutte le altre regioni, con l’eccezione delle Marche e dell’Umbria, hanno fatto registrare nel 2014-15 percentuali sotto la media nazionale. Sotto la media nazionale (87,9% di alunni avvalentesi) si trova il cattolico Veneto (84,8%); in fondo a questa graduatoria nazionale la Toscana (78,8%) e l’Emilia-Romagna (79%). In testa il Molise (96,7%), seguito dalla Campania (96,6%) e dalla Puglia e Basilicata (96,4%). Un’attenzione particolare merita il settore della secondaria di II grado, dove le scelte di avvalersi sono spesso il risultato della opzione personale degli studenti anziché quella dei loro genitori. Pur confermando i livelli di scelta del 2013-14, è stata la Lombardia con oltre 109 mila opzioni negative a far registrare il più elevato numero di opzioni negative verso l’IRC negli istituti superiori, seguita dal Lazio (58.503), Toscana (57 mila), Piemonte (poco meno di 57 mila) ed Emilia Romagna (meno di 55 mila).

Laurea
A dicembre, appena insediato il nuovo Governo Gentiloni, scoppia la questione del titolo di studio della neo-ministra della PI, Valeria Fedeli. Nel suo blog la senatrice aveva dichiarato di avere conseguito il diploma di laurea in scienze sociali presso un istituto privato di Milano. Si scopre ben presto che non si tratta di un diploma di laurea. La ministra si affretta a correggere il suo profilo e alla fine dichiara di essere soltanto in possesso del diploma di maestra di scuola materna. Un ministro della Pubblica Istruzione senza laurea? Sono in molti a storcere il naso. Qualcuno in sua difesa ricorda che anche Benedetto Croce non era laureato.

Liceo Classico
La conferma dell’ulteriore calo degli iscritti al primo anno del liceo classico, già fatta intravedere dalle preiscrizioni effettuate all’inizio del 2016, rianima il mai sopito dibattito tra difensori e critici del più tradizionale dei nostri licei. Un rapido sondaggio online effettuato da Tuttoscuola, cui rispondono in poche ore oltre 300 lettori, mostra una preferenza per il mantenimento di questo tipo di liceo, ma con modifiche che ne rafforzino le materie scientifiche (52%). Per il 40% invece  l’ indirizzo va bene così com’è, e solo l’8% lo abolirebbe, o lo trasformerebbe radicalmente, come aveva proposto nel 2014 l’economista Andrea Ichino in occasione del noto ‘processo’ messo in scena a Torino nel 2014. Ichino aveva accusato il classico di essere figlio “della riforma Gentile, la più fascista delle riforme”: una scuola di élite preclusa alle classi svantaggiate. Ma per altri, come  Ivano Dionigi, presidente di Almalaurea, le critiche al classico nascono esclusivamente dall’esterno: secondo i dati di Almadiploma, chi lo ha scelto nel 74% dei casi lo rifarebbe, il dato più alto tra i diplomati. “Con un’adeguata e necessaria iniezione di matematica e discipline scientifiche nel classico – secondo Dionigi – i segni più della nostra indagine si estenderebbero e affermerebbero in tutti gli indicatori” facendo del liceo classico italiano la miglior scuola d’Europa e del mondo occidentale.

Mensa scolastica
L’inizio del nuovo anno scolastico, già carico di problemi, si apre con una sentenza del Tribunale di Torino che autorizza i genitori degli alunni di scuola primaria a portarsi il panino da casa al posto del pasto predisposto dalla mensa scolastica. La «schiscetta» portata da casa diventa fonte di contrasti a scuola con dirigenti che isolano a mensa gli alunni con panino, con famiglie che protestano, con classi divise tra bambini con il pasto caldo e compagni con il panino. Una deregulation alimentare che si apre a nuovi problemi dietetici e igienici. Interviene anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini nel corso del suo intervento all’assemblea Anci a Bari: «Il panino può anche essere un diritto, come ha detto il giudice, ma è un atto individuale», afferma. Il ministro annuncia un incontro al Miur con il neo presidente dell’Anci, Antonio Decaro e il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin «per definire le linee guida che diano una chiara e omogenea indicazione alle scuole e ai servizi comunali». La scelta – lascia intendere la Giannini – non può essere lasciata ai tribunali: «La mensa, la condivisione del cibo è un fondamentale momento di interazione”. Le linee guida sul panino alla mensa scolastica sono ancora ai nastri di partenza, ma la questione del panino richiama l’attenzione sulla regolamentazione della ristorazione scolastica, sulla sua qualità e sui costi a carico delle famiglie.

Merito – Bonus
I sindacati della scuola – con posizioni differenziate – confermano la loro opposizione al riconoscimento del merito che la legge 107/15 ha voluto concretizzare mediante il bonus. Verso la fine dell’anno scolastico il Miur prende posizione sul ruolo dei comitati di valutazione che devono definire i criteri per la valorizzazione del merito professionale dei docenti. Per l’assegnazione del Bonus la nota ministeriale ribadisce che i criteri per l’assegnazione del bonus e la valorizzazione del docente sono stabiliti dal Comitato di valutazione, mentre a individuare i meritevoli del premio sulla base di tali criteri è il dirigente scolastico. La nota suggerisce ai Comitati di adottare criteri equilibrati, volti ad evitare che il bonus venga distribuito a pioggia o sia assegnato a pochi beneficiari. I sindacati insistono per ottenere che il bonus, quale salario accessorio, sia oggetto di contrattazione integrativa con la RSU d’istituto.

 Nomine dei vincitori
Per salvare il concorso che rischia di andare fuori tempo massimo per le nomine dei vincitori attese a novembre, il Parlamento approva la proroga di quindici giorni per la decorrenza giuridica dall’anno scolastico 2016-17 delle nomine in ruolo dei vincitori del concorso. Ma soltanto 704 graduatorie tagliano il traguardo in tempo utile e con loro poco meno di 14 mila candidati risultano iscritti nelle graduatorie di merito per le nomine in ruolo nel triennio. Circa un terzo di quei candidati si prepara alla nomina in ruolo con effetto immediato. Ma durante l’estate la mobilità straordinaria mischia le carte e molte sedi non risultano più disponibili, vanificando temporaneamente la vincita del concorso. Molti vincitori, a un passo dalla nomina in ruolo, dovranno attendere l’anno prossimo.

OCSE-PISA
Il 6 dicembre l’Ocse rende noti, tramite una serie di eventi promossi in contemporanea in tutto il mondo, i risultati dell’edizione 2015 del programma triennale PISA (Programme for International Student Assessment), che ha avuto come principale campo d’indagine l’apprendimento delle scienze. Come nelle cinque precedenti occasioni il programma ha riguardato però anche le altre due aree tradizionalmente esaminate, la lettura e la matematica, rendendo possibile l’analisi sincronica e diacronica dei dati a livello internazionale e nazionale. Il quadro che ne è scaturito, per quanto riguarda il nostro Paese, mostra che gli studenti italiani si sono collocati un po’ sotto la media PISA in scienze (481 punti contro 493) e in lettura (485 contro 493) ma raggiungono la media in matematica (490). Dunque, mentre la performance dei quindicenni italiani in scienze non è cambiata in modo significativo dal 2006, ed è rimasta stabile anche in lettura dal 2009, si è registrato un sensibile miglioramento in matematica, con un progresso medio di 7 punti ogni tre anni dal 2003 al 2015. Un risultato positivo e per certi aspetti sorprendente, visto che proprio la matematica è in Italia la materia più temuta dagli studenti, soprattutto di sesso femminile.

Posti vacanti
A maggio, quando il Miur rende noti i dati dei candidati al concorso, Tuttoscuola per prima rileva che per il sostegno in alcune regioni il numero dei candidati è inferiore al numero dei posti a concorso. Per coprire 6.100 posti di sostegno nell’attuale concorso per docenti hanno presentato regolarmente domanda di partecipazione 10.600 candidati, cioè 4.500 in più del fabbisogno, pari al 42,5%. Questo significa che due candidati su cinque non potranno vincere il concorso, anche se conseguiranno buone prove. Una selezione dura che, però, contiene una inaspettata contraddizione. Infatti, nonostante questa abbondanza di candidati, dall’analisi dei dati su candidati e posti banditi per ciascuna Regione, non saranno coperti ben 1.155 posti, perché in diverse regioni settentrionali le domande sono inferiori al numero dei posti a concorso. Nelle regioni centrali vi sarà invece una eccedenza di 1.324 candidati, cioè più della metà di quelli che hanno presentato domanda; nelle regioni del Mezzogiorno vi sarà un’eccedenza di 3.579 candidati, pari a tre quarti di quelli che hanno presentato domanda. Nei mesi successivi per altre classi di concorso, a causa di una elevata selezione agli scritti, si registra lo stesso fenomeno: posti vacanti a causa del numero insufficiente di candidati idonei. Alla fine del 2016 i posti vacanti superano in tutto le 8 mila unità, pari al 31,3% dei posti, una percentuale che, se confermata, comporterà circa 20 mila posti vacanti al termine del concorso. 

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