Violenza a scuola: un patto sociale per combatterla

Violenza, ancora violenza: la percezione è quella di avere imboccato una strada senza ritorno e il senso di allarme dilaga. Basta che una mamma esterni il suo scontento in modo appena un po’ più clamoroso che gli insegnanti mettono per iscritto, dichiarano di sentirsi minacciati.

Ciliegina sulla torta è stato l’episodio dell’istituto superiore di Lucca, dove un gruppo di adolescenti ha pensato bene di bullizzare un docente e poi di metterlo pure in rete. C’è da pensare che i casi siano molto più diffusi e numerosi, perché i più saranno sì tanto irresponsabili da esercitare violenza nei confronti degli insegnanti, ma non così totalmente da pubblicarne addirittura le prove.

Ne abbiamo parlato nel numero di giugno di Tuttoscuola, in un articolo a firma di Rita Manzani di Loro, Presidente Associazione GenitoriA.Ge. Toscana

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Nel numero di maggio elencavamo una serie di possibili rimedi al dilagare della violenza nelle scuole: rendersi consapevoli come adulti del clima che ci circonda; caricare i giovani di minori aspettative nei loro confronti; ricostruire dalle basi la fiducia formando i genitori e rendendo più trasparente l’operato delle scuole; garantire servizi che vadano incontro ai bisogni delle famiglie, come tempo pieno, pre/post scuola, abolizione delle liste d’attesa; ripensare la scelta della settimana corta; offrire alle classi spazi più ampi e accoglienti; dare un’adeguata rilevanza allo sport e alle attività laboratoriali.

In chiusura, accennavamo a un episodio piccolo ma emblematico di autorevolezza da parte dell’adulto di riferimento, in questo caso un insegnante. La chiave di tutto, a nostro avviso, sta proprio nel tono sommesso con cui la docente di musica ha ordinato alla classe di riporre gli strumenti e nella pacatezza con cui, alla fine dell’ora, ha aperto alla possibilità di tornare di nuovo a suonare qualora la classe si fosse comportata come dovuto. Calma, autorevolezza, sicurezza nel proprio ruolo sono forse proprio quello che manca a tutta la nostra generazione di adulti. 

Nel linguaggio corporeo del docente di Lucca abbiamo letto soprattutto il timore di avere reazioni sanzionabili a livello disciplinare e anche il senso di impotenza di fronte a questi giovanissimi senza regole. Alle sue spalle si intravede una lunga fila di adulti sconfitti e allora a chi dare la colpa? Lo scaricabarile fra scuola e famiglia non paga, ormai dovremmo averlo capito, per correre tutti insieme ai ripari.

Un consistente aiuto ci viene dalle forze dell’ordine, che tramite i media hanno lanciato a tutta la nazione un messaggio incontrovertibile: certe cose non si fanno, altrimenti se ne pagano le conseguenze, come interrogatori, processi penali, perquisizioni, sequestri. Non siamo esperti in procedure penali, ma il sequestro del casco e degli abiti indossati al momento dei fatti ha avuto un impatto mediatico che va probabilmente ben oltre il loro valore di prove. Meno utile l’appello di un sottosegretario a una sanzione esemplare, che può suonare come un implicito plauso a chi è stato tanto furbo da non farsi beccare.

Va detto che i consigli di classe e d’istituto hanno fatto bene il proprio lavoro, sanzionando con bocciature e penalità pesanti da recuperare; che il preside si è espresso con pacatezza e autorevolezza e che il tutto è stato adeguatamente riportato e amplificato dall’apparato mediatico. Basterà questo per invertire la tendenza? Sicuramente no, questo è solo l’ultimo appello alle armi: se manchiamo anche questo, la battaglia sarà irrimediabilmente perduta.

È indispensabile un patto di corresponsabilità educativa.

Abbiamo approfondito questa tematica nel numero di giugno di Tuttoscuola.

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