Verso le elezioni/1. Una sintesi difficile per Prodi

Mancano 12 settimane alle elezioni politiche ed entrambi gli schieramenti devono ancora sciogliere nodi importanti riguardo ai programmi sulla scuola da prospettare agli elettori.
Nell’ultima settimana si sono andate delineando con maggiore precisione le due linee di politica scolastica che si confrontano all’interno dell’Unione: quella moderata e pragmatica sostenuta dai due partiti maggiori della coalizione, i Democratici di Sinistra e la Margherita, e quella più radicale promossa da vari movimenti e dal comitato “Fermiamo la Moratti”, che ha ricevuto l’appoggio di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e dei Verdi.
Meno schierate appaiono finora altre componenti dell’Unione, dallo SDI-Radicali della “Rosa nel pugno” (che però ha sollevato la questione del superamento del Concordato, che regola la delicata materia dell’insegnamento della religione cattolica) all’UDEUR e all’Italia dei Valori di Di Pietro, per non dire dei repubblicani europei della Sbarbati e dei socialisti di Bobo Craxi, recentemente approdati all’Unione.
Il non facile compito che attende Romano Prodi è quello di operare una sintesi tra due strategie che appaiono al momento contrapposte: la prima, pure assai critica nei confronti della riforma Moratti, è orientata a procedere per via emendativa, tramite una serie di correzioni e aggiustamenti della legge n. 53/2003 sui principali punti di dissenso (per es. tutor, obbligo scolastico a 16 anni, impianto unitario del secondo ciclo), la seconda è per l’abrogazione secca dell’intera legislazione Moratti e per una nuova riforma generale che riparta dalla situazione antecedente non solo la riforma Moratti ma anche, secondo qualcuno, quella Berlinguer (legge n. 30/2000).
La bozza di programma dell’Unione resa nota la scorsa settimana e distribuita ai partiti della coalizione sembra molto più vicina alla prima di queste due strategie, ed è stata subito criticata dai sostenitori della seconda. Cresce l’attesa per le decisioni di Romano Prodi, che, forte della legittimazione popolare ricevuta con le primarie, dovrà effettuare una scelta che però, inevitabilmente, non potrà soddisfare tutti.