Valutazione/4. Le ferite antiche della scuola italiana

Il metodo sarà stato autocratico e decisionista, l’atteggiamento nei rapporti umani, specialmente con i sindacati, freddo e distante, l’approccio ai problemi fin troppo managerial-tecnocratico, ma non si può dire che Letizia Moratti non abbia provato ad affrontare alcuni dei nodi strutturali che da sempre (da quando si fanno le valutazioni comparative internazionali) caratterizzano il nostro sistema scolastico. Soprattutto uno viene evidenziato da tutti gli organismi di valutazione: il doppio squilibrio derivante dalla sovrabbondanza di personale docente e non docente, a parità di allievi, da una parte, e dall’appiattimento verso il basso della condizione professionale e retributiva dello stesso personale dall’altra.
Questa situazione perdura da tempo in Italia, e finora nessun governo è riuscito ad affrontarla con successo, come ha dovuto constatare a sue spese l’ex ministro Berlinguer, che pure si era procurato un vasto, anche se labile, consenso preventivo dei sindacati alla effettuazione di un concorso meritocratico che avrebbe premiato il 20% dei docenti.
Non ha torto quindi in questo caso Letizia Moratti a protestare con quei giornali – soprattutto la “Repubblica“, alla quale ha inviato una lettera di puntigliose precisazioni – che hanno riproposto dati recenti (ma riferiti al 2003) e anche meno recenti, parlando di bocciatura della scuola della Moratti. Presa, apparentemente, dall’impeto, il ministro Moratti ha anche replicato seccamente all’editorialista del “Corriere della sera” Barbiellini Amidei, che pure in questi anni ha sostenuto (tra i pochi) con continuità sulle colonne del quotidiano milanese la sua azione (con disappunto del giornalista, che ha ribattuto parlando di “deficit mnemonico“).
Nei suoi interventi il ministro dell’istruzione ha citato vari dati a difesa del suo operato: dal miglioramento della percentuale dei giovani diplomati (80% nella fascia 18-24 anni: cinque anni fa era il 70%) all’incremento della spesa per la scuola statale (+13%, con aumenti di 274 euro mensili per gli stipendi negli ultimi 4 anni), dall’ingresso in ruolo di 130.000 nuovi insegnanti (“abbiamo ‘svecchiato’ notevolmente l’età media degli insegnanti“), all’incremento del rapporto docenti allievi rispetto alla situazione di 1 a 10 del 2001 (ultimo dato OCSE), derivante dagli “interventi di razionalizzazione” tanto criticati a livello politico e sindacale (ma su questo dato la Moratti non entra in dettagli).
Certo è che nessun futuro governo, qualunque sia l’esito delle prossime elezioni, potrà permettersi di eludere le molte sfide che attendono la scuola italiana sul piano della sua efficacia-efficienza e su quello della qualità dei risultati.