Valutazione: chi ‘valorizza’ cosa?

La sperimentazione “Valorizza”, finalizzata a valutare e premiare la ‘reputazione professionale’ degli insegnanti, avviata un anno fa tra polemiche e difficoltà, si è conclusa con la presentazione degli esiti finali svoltasi lo scorso 7 dicembre a Roma alla presenza del ministro dell’istruzione Profumo.

Il Miur ha deciso di insistere sulla strada intrapresa e di replicare il progetto anche nel corrente anno scolastico, accogliendo la raccomandazione in tal senso formulata delle due Fondazioni – Treelle e Compagnia San Paolo per la scuola – che hanno predisposto, accompagnato e in sostanza anche valutato la sperimentazione da esse stesse proposta.

L’adesione al progetto da parte delle scuole (33 nel 2011) continuerà ad essere volontaria, si punterà a raddoppiare il numero delle scuole partecipanti e anche il ‘premio’ per gli insegnanti (due mensilità aggiuntive anziché una), estendendone l’erogazione a un triennio. L’idea è sempre quella di individuare e premiare economicamente gli insegnanti ritenuti migliori dalla convergente valutazione di studenti, genitori e colleghi. Un’idea che coglie un aspetto chiave nell’ambito della valutazione del merito, ma che se non affiancata ad altri criteri ne può costituire a nostro avviso anche il limite: con ogni probabilità gli insegnanti così selezionati sono effettivamente i migliori, ma lo sarebbero anche senza essere premiati, e non è che l’istituzione del premio migliori di per sé la qualità degli insegnanti. Essa, presa come unico criterio di valutazione, potrebbe anzi creare rancore e demotivazione tra i non premiati, oltre a porre i dirigenti scolastici di fronte a grandi difficoltà nell’assegnazione dei docenti alle classi.

Lo stesso direttore dell’Ocse-Ceri Dirk Van Damme nel suo intervento al convegno ha accennato all’importanza di altri criteri, oltre a quello della reputazione dei docenti, necessari per valutare la loro professionalità ai fini del miglioramento della qualità del sistema di istruzione. Tra questi il possesso documentato e certificato di competenze professionali ulteriori rispetto a quelle iniziali, la disponibilità e capacità di svolgere mansioni specializzate e così via. Insomma, avere una buona reputazione professionale è una condizione necessaria, ma non sufficiente.